E’ finita a Misurata, turbolenta città dell’inquieta Libia, la latitanza di Abou Iyadh, capo di Ansar al Sharia tunisina: una formazione che, nata come espressione dell’ala più integralista del movimento salafita, s’è trasformata nel volgere di un anno nel braccio operativo in Nord Africa del terrorismo islamico transnazionale. Ufficialmente, a mettere le mani su Abou Iyadh, in circostanze che non sono ancora chiare, sono state le forze della sicurezza libica, “aiutate” da elementi americani. Una definizione abbastanza scontata, dietro la quale si nasconde uno dei risultati più importanti dell’impegno statunitense in Libia dove, dopo l’attacco al consolato di Bengasi, le agenzie di sicurezza americane hanno schierato gli uomini migliori per la lotta al terrorismo islamico, forti della convinzione che la collocazione baricentrica della Libia nella regione mediterranea ne ha fatto l’obiettivo delle strategia della galassia che si cela dietro la sigla di al Qaida e, per essa, di al Qaida nel Maghreb islamico, sempre più apparentemente affrancata dalla ‘casa madre’ per strategie ed obiettivi.
Ad Abou Iyadh il topos di terrorista sta abbastanza stretto perché – al di là delle ‘mostrine’ guadagnate combattendo in Afghanistan contro il nemico di turno – nel tempo, forte di un non comune carisma puntellato su una solidissima oratoria che poggia sulla perfetta conoscenza dei testi sacri dell’Islam (che interpreta a suo uso e consumo), ha preso il controllo di Ansar el Sharia e con essa delle centinaia di salafiti tunisini che vedono solo nella conquista armata la strada per portare il Paese nell’ottica del califfato.
Intorno a Iyahd sono cresciute mille leggende, ad arte gonfiate da una squadra di ‘pr’ degne di un capitano d’industria. Basta solo ricordare le decine di segnalazioni che lo volevano girare, nonostante la latitanza, nelle strade del centro di Tunisi, assistere a matrimoni e cerimonie, tenere sermoni, partecipare a talk show. Di certo, l’ex primula rossa di Ansar al Sharia è stato il geniale regista dell’attacco all’ambasciata americana a Tunisi del 14 settembre dello scorso anno che, con i suoi quattro morti e centinaia di feriti, rivelò al mondo che il profumo dei gelsomini della ‘rivoluzione gentile’ era stato coperto dall’acre gas dei lacrimogeni.
La cattura di Abou Iyadh in Libia ora necessita di essere decrittata, perché sul capo del terrorista pendevano molti mandati di cattura emessi dalla magistratura tunisina, peraltro, accusata d’essere sin troppo morbida verso l’estremismo islamici. Cioè bisogna ora capire se gli Stati Uniti cederanno la preda oppure, come più verosimile ed in un certo senso saggio, la tratterranno per avere quante più informazioni possibili. Magari per capire come colpire l’emiro algerino Droukdel, il capo di al Qaida, lui sì un fantasma per l’intelligence Usa. – * Diego Minuti – (ANSAmed).
Preso da: http://www.missionaridafrica.org/301213-libia-terrorismo-decapitata-in-libia-ansar-al-sharia-tunisina/
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