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sabato 4 agosto 2012

La sfida tra il rapace Nato e il serpente libico



Robert Morgan, in un recente articolo dal titolo WikiLeaks documents shed light on US-backed intervention in Libya, pubblicato su World Socialist Web Site del 27.07. 2011, esamina una serie di cablo diplomatici statunitensi nei quali emerge, con tutta evidenza, che  “lungi dall’aver dato avvio ad un intervento “umanitario” per proteggere i civili contro il governo di Muammar Gheddafi, Washington ha appoggiato l’intervento della Nato per una sola ragione, l’installazione di un regime che servisse meglio gli interessi strategici degli Stati Uniti, così come le operazioni delle giganti società petrolifere e del gas.” Robert Morgan prosegue commentando un interessante cablo che descrive come il primo ministro Silvio Berlusconi avesse sottoscritto la ratifica del trattato di ‘amicizia e cooperazione’ Italia-Libia, con il quale l’Italia si era impegnata a pagare 200 milioni di dollari all’anno come riparazione per “le malefatte coloniali”, in cambio della garanzia che gli appalti per i progetti di sviluppo sarebbero andati ad imprese italiane. Sempre secondo Morgan, un ufficiale italiano avrebbe riferito all’ambasciata Usa che l’ordine degli interessi dell’Italia era “petrolio, petrolio e immigrazione” [letteralmente "oil, oil, oil, and immigration"]. In un recente intervento Saif al-Islam, il figlio del rais ha detto: “la NATO è come un falco e la Libia un serpente; un falco ha catturato un serpente che è sorpreso; ma mentre il falco vola, per difendersi, il serpente gli si attorciglia al corpo. Allora il serpente dice al falco di lasciarlo e il falco gli risponde: Ti lascerei, però lasciami prima tu affinché io ti possa lasciare.”

Anche se la stampa internazionale tace, quasi totalmente sulla questione libica, per non interferire con qualche articolo servizio o articolo veritiero, il rapace NATO non ha comunque la strada spianata in Libia per portare a termine il suo lavoro “umanitario” per conto delle imprese e multinazionali del petrolio americane e anglo-francesi.

Le stragi della Nato, comunque si concluderà questa sporca guerra ai danni del popolo libico e delle sue risorse, stanno martoriando la Libia e se molto difficilmente si produrranno vantaggi agli USA, è ormai certo che all’Italia costerà la perdita delle commesse militari, energetiche e quelle per i lavori di ingegneria civile. Da “grande stratega” (questa è la definizione dei giornali che lo sostengono) Berlusconi ha portato lo stato italiano su tutti i fronti, interno ed estero, in un cul de sac dal quale non potrà che uscire con un fortissimo ridimensionamento dei suoi interessi nel Mediterraneo. Non c’è più alcun dubbio che questa guerra è una sciagura per la Libia e per l’Italia, visto che vengono perseguiti unicamente interessi americani e anglo-francesi. Tutta questa vicenda sottolinea, per l’ennesima volta, che il ruolo dell’Italia è ridotto a lacchè delle altre potenze straniere e che il paese non può avere una politica economica e estera autonoma.
Dopo gli incoraggiamenti a resistere rivolti al rais da Chavez il 15 luglio, quando ha affermato in un acceso discorso da Palazzo Miraflores: ”La Libia e’ un Paese con un popolo libero e resistente che risponde solo a se stesso e non all’Impero. Lunga vita alla Libia e alla sua indipendenza.Forza Gheddafi, resisti! Forza Libia”, nella giornata di oggi, il capo di stato venezuelano ha respinto il riconoscimento del Consiglio Nazionale di Transizione (CNT), organo della ribellione, come il governo legittimo in Libia, dichiarando:”Noi respingiamo in maniera categorica e non riconosciamo la pantomima di un Consiglio di Transizione e la pompa magna di questi paesi europei ed altri paesi che hanno riconosciuto questi gruppi di terroristi come l’autorità in Libia“(Prensa Latina 02.08.2011). Anche la Cancelleria venezuelana ha emesso un comunicato di appoggio a Gheddafi e alla popolazione libica, considerata un esempio di eroismo e resistenza per i popoli liberi del mondo.

Mentre continua la mattanza a Benghasi contro le forze della tribù Warfala e dell’esercito di Yunis, secondo fonti protette, in città la situazione è molto difficile. I ribelli golpisti hanno tentato di riprendere il controllo della città con l’utilizzo di tank delle forze mercenarie del Qatar, affiancate da reparti anglo-francesi con la copertura offerta dagli elicotteri Apache britannici e i Tigre francesi. Diverse sono state le perdite tra i ribelli ma i membri della tribù Warfala di Benghasi sebbene affiancati da militari ribelli che hanno disertato non sono equipaggiati che con armi leggere e quello che è stato possibile recuperare durante gli scontri del 31 luglio e 1 agosto. Il viceministro delle Relazioni Estere, il Dr. Khaled Kaim, ha reso noto che vi sarebbero più tribù in procinto di unirsi alla tribù Warfala. Ai civili di Bengasi è consigliato di rimanere nelle proprie case e non uscire per strada; tutti coloro che non hanno rispettato l’ordine diffuso dai megafoni dei tank dei contractors del Qatar sono stati uccisi dalle forze militari golpiste sul campo. Non è possibile fare una stima delle perdite civili in questo momento ma secondo numerose fonti superano il centinaio. Nella giornata di oggi si è appreso, rapporti di polizia lo confermano secondo quanto riportato da Cadenaser,  che Al Qaeda nel Magreb Islámico (AQMI) si sarebbe armata pesantemente con “missili a largo raggio e un esplosivo militare ad alta capacità distruttiva che si conosce come Semtex”. Queste armi sono state sottratte dai depositi delle forze regolari libiche dai cosiddetti “ribelli” jihadisti che hanno trovato nell’alleanza con la NATO un’occasione eccezionale di approvvigionamento di armi che avrebbero potuto reperire più difficilmente e non a costo zero; bisogna tener conto che i depositi dell’esercito libico erano riforniti di una impressionante quantità di armi, basti pensare che “la Libia comprò tra il 1975 e il 1981 più di 700 tonnellate di Semtex che attualmente continua ad essere in buono stato”. La grande parte di queste armi stanno prendendo la rotta Libia-Niger-Mali; nel Mali si trova, infatti, il cuore delle forze di Al Qaeda nel Magreb Islámico (AQMI). Al Qaeda era già molto attiva in Algeria, Mauritania, Niger e Mali ma il conflitto in Libia, secondo quanto riferito recentemente dalle polizie di confine, ha offerto la possibilità di allargare la propria sfera di influenza attraverso il Sahara e i restanti paesi nel Magreb. Il leader di Al Qaeda con base nel Sahara, Abdelmalek Droukdel, starebbe reclutando giovani marocchini per le sue file, approfittando dello scontento che regna tra la gioventù.

Nella sfida tra il rapace Nato (alleato agli  estremisti di Al Qaeda) e il serpente libico la partita, con continui rovesci di campo, è tutt’altro che conclusa.
Resisti Muammar! Resisti popolo libico!

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