il Regno Unito, culla storica della democrazia parlamentare e dei diritti dell’individuo a partire dalla Magna Charta del 1215, non ha una Costituzione scritta.
questo antico documento fu redatto dall’arcivescovo di Canterbury e poi più volte rielaborato, e venne sottoscritto dal re Giovanni Senzaterra come atto formalmente unilaterale, ma in realtà era una concessione alle richieste dei baroni in rivolta.
anche se la Magna Charta
fu annullata da papa Innocenzo III, perché non rispettava i poteri
della Chiesa (giusto per chiarire fin dall’inizio la posizione della
Chiesa rispetto alla democrazia), e i baroni vennero scomunicati, la
cosa non andò a buon fine e, nel tentativo obbediente alla Chiesa, di
revocarla, costò a Giovanni una guerra civile, nel corso della quale
morì.
ma fu questo che diede origine ad una Costituzione particolarissima,
che viene a formarsi di fatto via via nel tempo attraverso una serie di
procedure, leggi e regolamenti vari, e a volte anche semplicemente di
consuetudini e perfino di tradizioni orali.
ogni decisione del Parlamento
inglese ha dunque valore costituzionale e questo spiega perché non
esiste in quel paese una Corte Costituzionale che decide se una legge
approvata dal Parlamento è coerente con la legge fondamentale dello
Stato, cioè con la Costituzione.
. . .
questa premessa è necessaria per cogliere l’enorme valore storico potenziale di quanto avvenuto ieri alla Camera dei Comuni.
infatti nella particolarissima
costituzione inglese di fatto il parlamento può deliberare come legge
soltanto su quello che il governo gli propone: in altre parole, è libero
di bocciare una proposta di legge del governo, ma non di formularne una
propria.
di qui la stranezza ai nostri
occhi di quello che abbiamo visto avvenire nei giorni passati, quando il
parlamento esprimeva delle volontà, che tuttavia non avevano valore di
legge, cioè approvava delle semplici mozioni;
situazioni simili esistono anche nella nostra vita parlamentare, però
da noi il parlamento può sempre approvare leggi di iniziativa propria
anche se non è il governo a proporle.
e allora che cosa è successo ieri di tanto importante al Parlamento inglese?
. . .
la Camera dei Comuni ha deciso, 327 voti contro 300, che su questo tema potrà votare anche su proposte non presentate dal governo.
fino a qui niente di strano, era
già avvenuto; e questi voti – cosa ben sorprendente nella patria della
democrazia parlamentare – non hanno nessuna efficacia giuridica, cioè
non possono costringere il governo a seguirli (avviene così, per le
mozioni, anche in Italia, pure se di solito poi il governo si adegua).
ma quello che può cambiare
davvero i termini della questione sono le dichiarazioni improvvide che
ha fatto la May: lo ha definito un precedente pericoloso, sorprendente e capace di cambiare l’equilibrio dei poteri tra le istituzioni, ma ha anche detto, contraddicendosi: Non assicuro di tenerne conto se questi andranno contro il risultato del referendum del 2016.
è vero che è difficile oramai
dare peso alle parole di questo personaggio che ieri è riuscito a dire
nello stesso discorso che il No Deal “verrà evitato in ogni caso visto il voto recente del Parlamento contro l’uscita senza accordo”, ma anche che “resta l’opzione automatica di default – cioè il no deal – se non c’è un accordo”.
però, viste le considerazioni
dell’inizio e a dare credito alla prima dichiarazione della May, sarebbe
divertente se ieri il Regno Unito avesse cambiato la propria
Costituzione (ma senza accorgersene).
. . .
viceversa, se questo non fosse
vero, molta luce sarebbe fatta sul carattere apparente della democrazia
inglese, cioè della democrazia parlamentare stessa, dove il governo può
sciogliere un parlamento quando vuole, ma non è tenuto a rispettare la
volontà della maggioranza di quello stesso parlamento.
e può continuare rifiutarsi di
fare un nuovo referendum, ostinandosi a considerare valido il risultato
di una consultazione fatta prima del rinnovo stesso del parlamento.
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