dall’inizio di agosto una nuova
epidemia di Ebola si sta sviluppando in Africa, questa volta nella
Repubblica del Congo, dopo quella da poco debellata nella sua zona
occidentale; è la decima da quando il virus è stato scoperto nel 1976,
ed ha colpito sinora circa 900 persone, uccidendone quasi 600, con una
mortalità superiore del 60% a quella dell’epidemia precedente del
2014-16, anche se ci sono stati miglioramenti nelle possibilità di cura e
nell’efficacia dei farmaci.
nonostante questo nessun allarme è
stato lanciato sui media occidentali: ma nel caso precedente fecero
un’enorme notizia invece alcuni casi verificatisi in America e in Europa
(4 casi con un morto negli USA, 3 casi in Europa, di cui uno in Italia,
senza vittime).
nella epidemia precedente ci
furono quasi 30.000 casi, con più di 11.000 morti; questa volta
l’epidemia è circoscritta, per ora, e anche l’Organizzazione Mondiale
della Sanità non intende proclamare l’emergenza sanitaria globale:
affermano che è improbabile che Ebola si diffonda a livello globale, che i gruppi di aiuto stanno fornendo un aiuto sufficiente a limitare l’epidemia e che un’emergenza potrebbe indurre i paesi confinanti a chiudere le frontiere e questo potrebbe deprimere l’economia della regione.
intanto però diverse persone si stanno spostando da queste regioni del Congo al Sudan meridionale in Uganda e nel Ruanda.
. . .
ne parlo senza più nessun
sussulto di indignazione (anche per non tirarmi da solo la zappa sui
piedi, visto quello che ho scritto di recente sul tema): l’indignazione
si addice poco all’umanità della crisi climatica globale che può darsi
come unico scopo quello di finire con dignità ed evitando le sofferenze
inutili, ma come un caso da manuale della vera situazione del mondo
attuale, aldilà della palude dell’informazione ufficiale.
ma non che io pretenda di fare contro-informazione, intendiamoci: sarebbe soltanto ridicolo.
. . .
comunque, la zona dove si sta
sviluppando l’epidemia è stravolta da diversi anni, dal 1997 ad oggi,
circa un quarto di secolo, da una guerra civile tra bande armate,
incendi dolosi e una lunga e dolorosa carestia che riduce alla fame una
parte importante della popolazione.
così, incidentalmente, apprendiamo che questi conflitti interni hanno provocato finora sei milioni di morti.
sei milioni di morti: qualcuno ne sapeva qualcosa?
. . .
ma ancora più interessante è esaminare le reazioni psicologiche all’epidemia:
Alla fine di dicembre – dopo che il
governo della Repubblica del Congo aveva impedito a più di un milione di
persone nelle zone colpite dall’Ebola di votare per le elezioni
presidenziali del paese – gruppi di manifestanti hanno assaltato e
bruciato un centro per la cura dell’Ebola a Beni. E il mese scorso,
assalitori armati hanno incendiato i centri di cura a Butembo e Katwa.
Le persone impegnate in prima linea per combattere l’Ebola in quelle
città – che diffondono appelli sanitari, identificano i casi potenziali e
seppelliscono i morti – affrontano minacce e aggressioni quasi
quotidianamente.
si è diffusa infatti la diceria
che le iniziative per contrastare l’epidemia sono organizzate dal
governo per combattere i suoi nemici politici.
così gli operatori hanno
abbandonato alcune città, considerandole oramai troppo pericolose per
loro, e gli Stati Uniti hanno vietato al loro personale di entrare nella
zona dell’epidemia.
. . .
ho parlato di recente dei tre
flagelli storici della storia umana che la crisi climatica globale sta
riattivando: carestia e cioè fame, epidemie e guerre: ma occorre
aggiungerne un altro che non è stato preso sufficientemente in
considerazione: paranoia, cioè terrore incontrollato, negazione della
realtà, superstizione.
è il quarto cavaliere dell’Apocalisse, quello non identificato…
sapere che da quasi 25 anni un
pezzo importante del continente africano è già in balia di questi mostri
potrebbe forse incrinare l’ottimismo col quale dovremmo andare incontro
alla catastrofe planetaria secondo coloro che la guidano e la
organizzano.
per fortuna anche il razzismo ci difende da questa presa di coscienza: dopotutto quella è Africa, noi che cosa c’entriamo?
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