Mentre migliaia di aziende italiane ogni
anno sono costrette al fallimento, sulle grandi corporation piovono
soldi: a partire dall’8 giugno 2016 e fino al 19 dicembre 2018
(continuando tuttora a reinvestire in tali titoli gli introiti generati)
la Bce tramite 6 banche centrali (tra cui la Banca d’Italia) ha
acquistato svariati titoli emessi perlopiù da grandi multinazionali. Attualmente ne detiene per un valore di quasi 180 miliardi.
E la domanda che è facile porsi è: da dove provenivano questi soldi? La
risposta, per quanto banale, ha importanti implicazioni: li ha semplicemente creati. Mentre ai cittadini veniva detto che “non ci sono soldi”, che “bisogna fare sacrifici” e “non possiamo permettercelo”, Mario Draghi, Presidente della Banca Centrale Europea, “creava” soldi allo scopo di finanziare i big.
Per citarne solo alcuni, troviamo fra le maggiori compagnie del settore alimentare (Nestlé, Coca Cola, Danone, Heineken, Unilever, Sodexo…), compagnie petrolifere come Shell, Repsol, Gas Natural, Total e OMV, i maggiori esponenti della lobby “big pharma” come Roche, Bayer e Novartis, diverse società automobilistiche tedesche (Daimler, Volkswagen, BMW…), Siemens, Allianz, Michelin, Orange, Vivendi, Renault e Louis Vuitton fino ad arrivare ad Hera, Terna, Generali, Telefonica, Deutsche Telekom, Ryanair, Adecco e molte altre, fra le quali spuntano anche la holding dei Benetton, Atlantia, ed Autostrade per l’Italia. La motivazione ufficiale di questa gigantesca operazione denominata “Corporate Sector Purchase Program” è stata “stimolare gli investimenti e creare posti di lavoro” tramite una chiara applicazione della teoria del gocciolamento, che altro non è che una versione ancor più subdola del liberismo,
in cui il mercato non è semplicemente lasciato libero, ma ne vengono
attivamente favoriti gli attori più grandi con la convinzione (di
spiegare a noi) che poi la ricchezza gocciolerà anche a chi sta più in basso.
Per di più, la Bce concede a queste aziende il privilegio di poterle vendere i loro titoli già sul mercato primario
(direttamente all’emissione) anziché sul secondario come coi titoli di
Stato, privilegiando quindi queste corporation rispetto agli Stati
stessi (in linea con l’art. 123 del TFUE)
. Ma la beffa non si ferma qui: utilizzando la scusa della volontà di
essere “neutrali” rispetto al mercato, le quote nazionali di titoli
acquistati si basano sulle quote dei titoli “esigibili” presenti sul
mercato. Guarda caso, quelli francesi sono oltre il doppio di quelli italiani, e quelli tedeschi quasi il triplo.
Ciò significa che in questo sistema non solo le piccole aziende sono
sfavorite rispetto alle grandi, ma anche tra quest’ultime sono favorite
quelle tedesche e francesi a scapito delle italiane.
Cosa succederebbe se invece di
parlare di generiche “iniezioni di liquidità” e “quantitative easing”, i
media descrivessero le operazioni della banca centrale nei termini
sopra illustrati? Tutta la narrazione basata sul dogma della
scarsità crollerebbe, non sarebbe più possibile giustificare
l’imposizione di ulteriori sadiche sofferenze ad un popolo martoriato,
ed ogni Cottarelli o Fornero che venissero a parlare di sacrifici perché “non ci sono soldi” verrebbero seppelliti da una risata.
Lorenzo Fernetti
Nessun commento:
Posta un commento