In libreria per Jaca Book "Libia - Da colonia italiana a colonia globale" di Paolo Sensini
Con molta lentezza, mentre si consumava la tragedia che ha dilaniato l’ex colonia italiana, sono emersi qua e là taluni brandelli di notizie sulle cause che hanno portato all’entrata in guerra della NATO contro Mu’ammar Gheddafi. Ma, come già era avvenuto, i media mainstream hanno continuato a tacere sul disegno e le finalità complessive dell’operazione. Oltre a non reclamare giustizia per gli «uomini di Stato» responsabili di una tale catastrofe sociale e umanitaria.
Il libro di Paolo Sensini rappresenta un contributo imprescindibile per chiunque voglia davvero capire cos’è accaduto in Libia e, più in generale, su ciò che è ormai passato alla storia con il roboante nome di «Primavera Araba». È un racconto avvincente, che ci guida per mano nel labirinto libico e di cui l’autore, che ha completato il quadro pubblicando importanti contributi sulla strategia del caos nel Vicino e Medio Oriente, ci aggiorna con dovizia fino agli ultimissimi eventi e oltre.
L’AUTORE
Paolo Sensini, storico ed esperto di geopolitica, è autore di numerosi libri tra cui Il «dissenso» nella sinistra extraparlamentare italiana dal 1968 al 1977 (Rubbettino, Soveria Mannelli 2010), Libia 2011 (Jaca Book, Milano 2011), Divide et Impera, Strategie del caos per il XXI secolo nel Vicino e Medio Oriente (Mimesis, Milano 2013) e Sowing Chaos. Libya in the Wake of Humanitarian Intervention (Clarity Press, Atlanta 2016). Suoi scritti sono apparsi su varie riviste italiane ed estere.
La drammatica storia della Libia contemporanea inizia con la guerra
coloniale italiana del 1911 a cui e seguita la nostra occupazione
militare fino al 1943. Fa seguito il periodo di amministrazione
britannica sino al dicembre '51 in cui fu proclamata l'indipendenza e
inizio il periodo «neo coloniale» sotto l'influenza anglo-americana.
Il golpe del '69 vede la presa di potere degli Ufficiali liberi con Gheddafi. Durante il periodo di Gheddafi la Libia non solo ha goduto di una indipendenza politica ed economica, ma era da considerarsi l'unico Paese petrolifero afro-asiatico con una redistribuzione della ricchezza. Realtà politica complessa, con la presenza di grandi tribù, la Libia sotto Gheddafi ha trovato un sostanziale equilibrio in cui si e espresso un pluralismo culturale e religioso. Inaccettabile per Stati Uniti, Francia e Inghilterra un produttore di petrolio così importante che poteva concretamente staccarsi dalle regole del mercato globale. Così nel 2011 si e attuata l'ennesima guerra coloniale con un pretesto di vecchia data: «pacificare una regione», rispetto a una rivolta pilotata a Bengasi.
Quando nel 2011 usci il primo volume dell'autore sulla guerra di Libia, c'era una prefazione di Mons. Martinelli, vescovo di Tripoli, che scongiurava le potenze di non attuare un'azione bellica contro il regime e la persona di Gheddafi, per altro sino a poco prima onorato da van governi occidentali. La prospettiva della «pacificazione» erano gli eccidi e il caos in Libia e anche nel Mediterraneo. Come sempre gli USA, alla bisogna, utilizzarono al-Qa'ida e il terrorismo. Le previsioni di allora si sono tragicamente avverate e questo nuovo volume, oltre a riportare la storia della Libia dal 1911 a oggi, dipinge un quadro tragico e chiaro della situazione attuale.
Una terra, la Libia, dove non esiste piu un vero Paese, ma uno scacchiere d'azione e di rapina petrolifera per le potenze. Come sempre e riduttivo parlare di «neo colonialismo». il colonialismo none mai «neo», e sempre e solo se stesso e la distruzione della Libia ci ricorda il peggio di quanto avvenuto in vari Paesi dell'Africa, mentre i barconi di migranti in mano a mercanti di uomini ci riportano alla «tratta».Quello che la presente pubblicazione ci porta davanti agli occhi none solo il Teatro di una tragedia, ma la chiara visione di come questa guerra di marca tutta coloniale fosse assolutamente da non fare. Ancora una volta vale il monito del vescovo di Tripoli che mostrava la vivibilità economico-culturale della società libica pur sotto un regime.
L'infamia della guerra di pacificazione vale quant'altro in corso o sotto la cenere nel Vicino e Medio Oriente. Ancora una volta le guerre di pacificazione sono in sostanza la maschera del dominio coloniale sul mondo in cui lo stesso interesse elettorale di leader politici trova giustificazione.
Il golpe del '69 vede la presa di potere degli Ufficiali liberi con Gheddafi. Durante il periodo di Gheddafi la Libia non solo ha goduto di una indipendenza politica ed economica, ma era da considerarsi l'unico Paese petrolifero afro-asiatico con una redistribuzione della ricchezza. Realtà politica complessa, con la presenza di grandi tribù, la Libia sotto Gheddafi ha trovato un sostanziale equilibrio in cui si e espresso un pluralismo culturale e religioso. Inaccettabile per Stati Uniti, Francia e Inghilterra un produttore di petrolio così importante che poteva concretamente staccarsi dalle regole del mercato globale. Così nel 2011 si e attuata l'ennesima guerra coloniale con un pretesto di vecchia data: «pacificare una regione», rispetto a una rivolta pilotata a Bengasi.
Quando nel 2011 usci il primo volume dell'autore sulla guerra di Libia, c'era una prefazione di Mons. Martinelli, vescovo di Tripoli, che scongiurava le potenze di non attuare un'azione bellica contro il regime e la persona di Gheddafi, per altro sino a poco prima onorato da van governi occidentali. La prospettiva della «pacificazione» erano gli eccidi e il caos in Libia e anche nel Mediterraneo. Come sempre gli USA, alla bisogna, utilizzarono al-Qa'ida e il terrorismo. Le previsioni di allora si sono tragicamente avverate e questo nuovo volume, oltre a riportare la storia della Libia dal 1911 a oggi, dipinge un quadro tragico e chiaro della situazione attuale.
Una terra, la Libia, dove non esiste piu un vero Paese, ma uno scacchiere d'azione e di rapina petrolifera per le potenze. Come sempre e riduttivo parlare di «neo colonialismo». il colonialismo none mai «neo», e sempre e solo se stesso e la distruzione della Libia ci ricorda il peggio di quanto avvenuto in vari Paesi dell'Africa, mentre i barconi di migranti in mano a mercanti di uomini ci riportano alla «tratta».Quello che la presente pubblicazione ci porta davanti agli occhi none solo il Teatro di una tragedia, ma la chiara visione di come questa guerra di marca tutta coloniale fosse assolutamente da non fare. Ancora una volta vale il monito del vescovo di Tripoli che mostrava la vivibilità economico-culturale della società libica pur sotto un regime.
L'infamia della guerra di pacificazione vale quant'altro in corso o sotto la cenere nel Vicino e Medio Oriente. Ancora una volta le guerre di pacificazione sono in sostanza la maschera del dominio coloniale sul mondo in cui lo stesso interesse elettorale di leader politici trova giustificazione.
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