16 aprile 2014.
Doveva essere “l’ultimo atto di redenzione” della guerra contro il terrore degli USA, la promessa elettorale di un Barak Obama che nel 2012 accusava Mitt Romney di non avere un calendario per portare a casa le truppe dall’#Afganistan. Ora il presidente statunitense vuole mantenere in quel paese circa 16.000 soldati in forma ufficiale, e non si sa quante altre migliaia sotto quali nomi e quali incarichi, e prolungare ancor più quella che è stata la guerra più lunga del paese. Alla fine, Obama soffre di quello che i greci chiamavano akrasia, debolezza della volontà.
Il nuovo presidente del paese invaso e occupato dovrà legalizzare lo status di colonia che Washington gli ha preparato. Né il presunto assassinio di Bin Laden in Pakistan, né la rivelazione (del segreto di cui tutti parlavano) del presidente Hamid Karzai, quest’uomo della CIA, del fatto che “Al Qaeda è un mito”, hanno fatto sì che gli USA smettessero di sottostimare l’intelligenza di chi li ascolta.
“Non possiamo lasciare adesso l’Afganistan. Ha bilioni di dollari in minerali” disse il generale David Petraeus, smontando i motivi umanitari (salvare gli afgani dagli integralisti talebani) o di sicurezza (salvare l’umanità dai terroristi di Al Qaeda) dell’invasione. Alla tentazione delle risorse naturali dell’Asia Centrale si aggiungono la posizione strategica del paese, che per secoli ha fatto da cerniera tra Cina, Russia, Iran e India. Oltretutto, ora che gli USA stanno perdendo il Pakistan, l’Afganistan è il territorio ideale per diventare il punto di appoggio delle loro forze armate in questa zona. Non ci metteranno molto a cambiare idea e a pentirsi!
Postilla del Patto Strategico
La notte del 2 maggio 2012, nel mezzo della campagna elettorale statunitense, Barak Obama fece un viaggio a sorpresa in Afganistan, per ottenere la firma di Karzai su un documento e ufficializzare il dominio USA su questa nazione oltre il 2014, data annunciata per la ritirata delle truppe, e così guadagnare punti nelle inchieste.
La bozza del testo, di 9 fogli, diceva quanto segue:
•. gli USA manterranno le loro basi militari indefinitamente e potranno ampliarle, utilizzare le installazioni afgane, il suo spazio aereo e gestiranno aree “di uso esclusivo” statunitense;
•. le Forze Speciali USA potranno continuare i loro assalti notturni alle case dei civili afgani (Obama si è opposto a che queste operazioni fossero realizzate insieme alle forze militari afgane);
•. gli USA hanno cassato dal testo finale l’articolo che rinviava ai tribunali afgani il personale militare statunitense accusato di reati; i delinquenti avranno l’immunità giudiziaria;
•. gli USA possono intervenire nei conflitti dell’Afganistan (con i suoi vicini), supervisionare gli investimenti stranieri nel paese, i suoi accordi di transito e la gestione delle frontiere; in più si obbliga Kabul ad appoggiare le cosiddette “operazioni antiterroristiche”;
•. l’Afganistan non potrà sospendere unilateralmente questo patto che, anche con il consenso mutuo, avrebbe comunque efficacia per un altro anno.
Questo documento, che entrerebbe in vigore il 1° gennaio 2015, è rimasto in attesa della firma del nuovo presidente. Tutti i candidati sono d’accordo. Sulla sicurezza degli afgani neppure una parola, e nemmeno un piano per farla finita con i talebani.
Tutti i vicini dell’Afganistan si sono opposti al pericoloso accordo. Le basi statunitensi nel paese centroasiatico andranno ad unirsi a quelle che già possiedono in Iraq, Kuwait, Emirati Arabi, Oman, Qatar, Bahrein, Arabia Saudita, Turchia, Azerbaigian e Georgia (ai quattro lati dell’Iran). Solo la costruzione delle basi di Hilmand e Mazar Sharif costerà agli USA circa 300 milioni di dollari.
Il padrino ribelle
Dato lo schiacciamento dei più elementari diritti umani degli afgani da parte delle truppe della NATO, persino Karzai – messo al potere da G.Bush – si lamenta della brutalità delle loro azioni contro la popolazione, rifiutandosi di firmare il Patto Strategico, che non nomina alcuna missione per migliorare la tragica situazione degli afgani, la fame che soffrono, la sicurezza che manca loro o il lavoro di cui hanno bisogno. Niente neppure sulla lotta alla droga, visto che l’Afganistan è il principale produttore di oppio ed eroina del mondo.
Nel 2013 gli USA, davanti allo sconcerto di mezzo mondo, hanno annunciato che i talebani non erano più loro nemici e cominciato a negoziare alle spalle del governo afgano con coloro che, anni prima, avevano accusato del crollo delle Torri Gemelle. Come ciliegina sulla torta, hanno permesso l’apertura dell’Ufficio dei talebani in Qatar, il paese ospite degli incontri.
Se i talebani hanno cessato di essere una minaccia per gli USA, perché questi vogliono restare in Afganistan? Per Al Qaeda forse? Ma non dicono che le cellule di questo gruppo stanno in Iraq, in Siria, Sudan, Somalia, Mali, Libia, Spagna e persino negli Usa stessi?
Karzai si lamentava che Washington aveva creato un Governo parallelo al suo, che permetteva l’accesso di società di sicurezza private sul suo territorio “sovrano” e che i suoi soldati massacravano civili e offendevano il Corano. Obama ha fatto finta di niente.
Per 13 anni, con 150.000 soldati, la NATO non ha potuto garantire la sicurezza dei suoi soci; come pretende di farlo ora con meno effettivi?
Una trappola per topi e le tattiche suicide
Diceva Sun Tzu che “la tattica senza strategia è il rumore che precede la sconfitta”. Se la strategia che il Pentagono ha progettato per l’Afganistan è la stessa che utilizzarono i britannici nei secoli scorsi – aumentare la loro influenza nell’Asia Centrale – non si capisce come hanno osato scontrarsi con la Russia in Ucraina, visto che Mosca può oggi stesso trasformare l’Afganistan in un grande pantano per migliaia di soldati della NATO.
Gli USA avrebbero potuto impadronirsi delle risorse naturali afgane usando lo stesso metodo di Cina, Russia e altri paesi: utilizzare la diplomazia, senza schiacciare il governo e terrorizzare la popolazione, salvo che la politica di fabbricare o creare nemici serve da pretesto per alimentare l’industria degli armamenti, uno dei principali pilastri dell’economia statunitense.
Come si misura la sofferenza?
Non esiste un dolorometro. La combinazione di macelleria-inferno – creata dalla NATO e dai talebani nel penultimo paese meno sviluppato del mondo, per la lotta tra i signori della guerra occidentali e quelli locali, l’inettitudine di un regime criminale formato da famiglie mafiose e protetto dalla NATO – ha strappato la vita a decine di migliaia di civili e costretto a fuggire dalle loro case milioni di loro.
Nell’Ospedale dei Bambini Indira Gandhi di Kabul il numero di bambini ricoverati per denutrizione severa si è quadruplicato dal 2012. Sono apparsi bimbi-vecchi, con la pelle che cade dal viso piena di rughe, a causa del marasma (Decadimento progressivo delle funzioni dell’organismo provocato da vecchiaia o da gravi malattie, n.d.t.), risultato di un forte deficit calorico.
Alle società occidentali che vivono dell’affare della guerra non importa neppure della morte di circa 3.400 soldati della NATO o lo sconvolgente dato che una media di 18 veterani delle guerre in Iraq e Afganistan si tolgano ogni giorno la vita. Alcuni, forse, per aver partecipato alla mattanza “per errore” di 16-23.000 afgani.
Il Nobel per la Pace Obama sostiene di essere l’artefice della “prima transizione democratica” afgana, una farsa dove la gente non potrà neppure scegliere tra un signore della guerra e l’altro; dalle urne uscirà quello deciso dallo Studio Ovale.
Fonte: www.tlaxcala-int.org
Preso da: http://www.informarexresistere.fr/2014/04/16/le-menzogne-degli-usa-la-nato-non-se-se-andra-dallafghanistan/
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