a cura di
Domenico Ernandes
Nell'ottobre del 1911 le mire espansionistiche dell' Italia avevano strappato ai turchi una larga porzione dei loro territori tanto che l'Impero della Mezzaluna si era trovato costretto a rinunciare ai suoi possedimenti e a riconoscere la sovranità del tricolore sulla propria ex colonia, la Libia. Nonostante l'esito positivo della spedizione italiana, i neo insediati dovettero affrontare, per molto tempo ancora, gli atti di resistenza e di guerriglia da parte di alcune tribù locali ed in particolar modo dei Senussi.
L'insediamento italiano, tuttavia, si scontrò con una forte resistenza locale culminata, nel 1923, nella rivolta dei Senussi, una confraternita religiosa musulmana impegnata nell'opera di proselitismo verso i beduini delle aree desertiche della Cirenaica. La colonizzazione italiana dovette all'inizio fermarsi alle sole coste, e solamente nel 1930, dopo anni di un lento e cruento conflitto, le truppe coloniali ebbero ragione della resistenza libica catturando e giustiziandone il capo, Omar al-Mukhtar.
Da allora furono migliaia gli italiani che si insediarono in Libia.
Nel 1930 l'Italia proclamò la fine delle ostilità belliche e la conquista definitiva su tutta la Libia. Sotto il governo italiano il territorio libico ottenne un soddisfacente periodo di sviluppo. Nel 1934 venne proclamato il Governatorato Generale della Libia e successivamente i cittadini africani potettero godere dello status di "cittadini italiani libici" con tutti i diritti che ne conseguirono.
Furono avviate importanti opere pubbliche che ebbero un impatto rilevante sul piano della modernizzazione del territorio come la cosiddetta via Balbia, lunga 1.882 chilometri e larga sette metri, dal confine egiziano a quello tunisino.
Sulla linea di confine fra Cirenaica e Tripolitania esisteva l'Arco dei Fileni, una mole imponente a ricordo e gloria di due fratelli cartaginesi che preferirono farsi martirizzare in quel luogo piuttosto che cedere al nemico. Vale la pena rievocare la patriottica vicenda. Per porre fine alle lunghe ed estenuanti contese di confine, Cartagine e Cirene decisero di risolvere il problema ricorrendo a un confronto fra quattro podisti, due per parte. Dovevano partire nello stesso momento dalle due città e correre in direzioni contrarie. Dove si fossero incontrati sarebbe stato tracciato il confine. Poiché i fratelli cartaginesi erano riusciti a percorrere un tragitto più lungo, furono accusati dagli antagonisti di essere partiti molto prima del momento concordato, e quindi invitati ad arretrare. L'accusa era ingiusta e pretestuosa, per questo, forti delle loro ragioni e del vantaggio conquistato per la loro patria, piuttosto che cedere si lasciarono seppellire vivi sul posto, al centro del deserto della Grande Sirte. E su quel luogo gli italiani innalzarono l'Arco dei Fileni, con in cima la vistosa riproduzione di un verso di Orazio: "Alme Sol, Possis Nihil Urbe Roma Visere Maius". Almo Sole, Possa Tu Non Vedere Nulla Più Grande di Roma.
La preziosa arteria, che risolse molti problemi di collegamento fra la Tripolitania e la Cirenaica, con un balzo repentino nella quantità di merci autotrasportate, fu chiamata "Litoranea Balbia", dal nome del governatore, Italo Balbo, che l'aveva fortemente voluta.
Con quella strada ebbe inizio un nuovo periodo di storia per la Libia e per tutta l'Africa del Nord, che adesso poteva giovarsi per gli scambi commerciali di quel collegamento veloce dall'Egitto alla Tunisia, dove una volta esistevano soltanto brulle e incerte piste per le lente carovaniere.
Si voltava pagina, ed erano ormai lontani i tempi in cui la Libia, come l'avevamo trovata ne11911, era davvero e soltanto uno "scatolone di sabbia". A partire dal 1920 si ebbe un massiccio insediamento di famiglie italiane su questo suolo africano.
Nel 1943, già dalla fine della dominazione italiana la Libia si presentava come un'area strategica di fondamentale importanza per il controllo del Mediterraneo centrale ed orientale.
Di questo si accorsero subito gli Inglesi, che insediarono in Libia un'amministrazione militare (la British Military Administration) e gli Americani, che costruirono a est di Tripoli una base aerea (Wheelus Field). Questa base, prima di essere confiscata dall'Ottavo Reggimento Britannico nel gennaio del 1943, era stata originariamente costruita dall'Aereonatuica Militare Italiana nel 1923 ed era allora conosciuta come la Base Aerea della Mellaha (che prese il nome da un lago salato della zona).
Nel 1945, alla fine della II Guerra mondiale, si prospettavano due possibili vie per la Libia. La prima era quella di trasformarla in un'Amministrazione fiduciaria delle tre province libiche: Tripolitania (Italia), Cirenaica (Gran Bretagna) e Fezzan (Francia). La seconda era la concessione dell'Indipendenza che era la soluzione preferita dagli Americani. Nel 1949 fu votata all'Assemblea generale dell'ONU una risoluzione per l'indipendenza della Libia entro il 1952, appoggiata soprattutto dagli Americani.
Il 24 Dicembre 1951 è il giorno dell'Indipendenza raggiunta dalla Libia e della proclamazione di Idris, Re della Libia. Nel periodo 1952-1954 viene firmato un trattato di alleanza militare anglo-libico. Questo trattato rimane una pietra angolare della politica estera libica nella visione di Re Idris, risolutamente filo-britannico e dell'allora primo ministro Muntasser. Venne anche siglato un accordo ventennale per l'affitto della Base aerea di Wheelus Field con gli Americani, verso cui il re e gli ambienti politici libici nutrivano una maggiore diffidenza.
Wheelus Field
Il triennio 1954-1957 vide la scena libica dominata da una figura di assoluta rilevanza: Mustafà Ben Halim, divenuto Primo Ministro nell'aprile del 1954 in seguito a una duplice crisi di Governo. Ben Halim si presenta subito come un grande innovatore. Le sue linee di azione si rivolgono verso un'affermazione della Libia nel Mondo arabo come Stato indipendente dalle potenze straniere e verso una ricerca di un ruolo autonomo della Libia nello scacchiere mondiale. Inoltre crede che la Libia deve ottenere più aiuti per emanciparsi il prima possibile. Ben Halim non esita a perseguire una politica spregiudicata per ottenere i suoi scopi tanto da usare URSS e Egitto come strumenti di ricatto verso le potenze occidentali. Infine facilita un suo avvicinamento agli Americani, potenza emergente nello scacchiere mediorientale e politicamente crea una maggiore tiepidezza verso la Gran Bretagna, considerata una potenza in declino. La politica di questo Primo Ministro è opportunistica e pendolare tra Mondo arabo e Occidente.
Si arriva cosi al 1956, anno della Crisi di Suez. La Libia è una postazione strategica di vitale importanza per gli anglo-americani nel Mediterraneo, grazie alle Basi militari di Wheelus Field (USA) ed El Adem (Gran Bretagna). Il banco di prova per l'efficacia della Libia come area strategica è la Crisi di Suez del 1956. La Libia dichiara che non accetterà che le basi straniere sul suo territorio vengano usate per attaccare uno Stato arabo fratello (Egitto). In seguito a questo atteggiamento la Gran Bretagna vede ridursi di molto i suoi interessi strategici in Libia, mentre gli USA riconoscono il valore strategico di Wheelus Field.
Già dal 1955, in seguito alla scoperta di pozzi di petrolio net Sahara algerino, ai confini con il Fezzan, si fecero delle ipotesi che accreditavano la Libia come Paese potenzialmente ricco di giacimenti petroliferi.
Fu proprio Mustafa Ben Halim, il 19 giugno del 1955, a varare la prima legge petrolifera libica, sempre nel quadro di una volontà di emancipazione dagli aiuti stranieri. L'idea era che se ci fosse stato petrolio nel sottosuolo libico, si doveva trovarlo e sfruttarlo quanto prima, per accelerare i tempi dello sviluppo del Paese. Con questa legge per prima cosa si istituiva una commissione petrolifera unica allo scopo di assegnare le concessioni e si suddivideva il territorio libico in quattro zone, a seconda dell'importanza stimata delle concessioni (si privilegiavano le zone costiere!). Veniva concordata la cifra delle royalties al 12 % , i profitti in modo paritario: 50% e 50% e tariffe per il mantenimento delle concessioni erano state studiate per essere economiche nei primi anni, molto costose in seguito (si passava dalle 20 sterline iniziali ogni 100 Kmq a 2.500 sterline per lo stesso territorio, dopo 15 anni).
L'ultima clausola stimolava la possibilità di nuove scoperte del petrolio in tempi rapidi tramite una clausola: 5 anni - riduzione al 75% delle dimensioni originali della concessione; dopo 8 anni al 50%; dopo 10 anni al 33,3% nelle zone I e II e al 25% nelle zone III e IV.
Fu proprio quest'ultima clausola ad accelerare i lavori di trivellazione. Nel 1960, infatti, la maggior parte delle compagnie che si erano aggiudicate le concessioni nel giugno 1955 avrebbero dovuto restituire allo Stato libico il 25% del territorio loro concesso entro la prima metà del 1960.
Così, nel maggio 1959 la Standard Oil New Jersey comunicò al Dipartimento di Stato Americano la notizia della scoperta di un ricchissimo giacimento a Bir Zelten, nella Concessione n. 6, in Cirenaica. I funzionari del DOS commentarono così la scoperta: "Libya has hit the Jackpot".
Gli anni '60, oltre alla questione del petrolio, furono importanti per la Libia anche per altri motivi, come la diffusione della propaganda nazionalista araba di Nasser in Libia. La comparsa sul mercato libico delle radioline a transistor, sempre più economiche, favorisce la diffusione capillare dei mezzi di propaganda: attraverso Radio Cairo, la voce di Nasser entra in tutte le case e i suoi discorsi arabo-nazionalisti diventano popolari anche in Libia. Inoltre, aumenta la scolarizzazione delle nuove generazioni libiche e numerosi insegnanti provenienti dall'Egitto diffondono la propaganda nasseriana nelle scuole.
Anche se in maniera impercettibile avviene il lento declino della monarchia libica. Re Idris, anziano e senza figli, designa come suo successore il figlio del fratello, il principe Hasan al-Rida. Agli inizi degli anni '60, il sovrano era ancora l'arbitro assoluto dei destini della Libia e rappresentava il più prezioso alleato degli Inglesi e, anche se in misura minore, degli Americani. La visita di Hasan a Washington nel 1962 è indicativa della volontà, da parte delle Potenze occidentali, di riconoscere il principe come futuro interlocutore. Da parte occidentale si cerca di consolidare la dinastia senussita sul trono libico. Il credito della Monarchia nel Paese, tuttavia, andrà declinando sempre di più, fino a raggiungere il suo livello più basso nel 1967, dopo la Guerra dei Sei Giorni.
Nel maggio del 1960 viene fondato da Mohamed Murabet (Proprietario e Direttore Responsabile) un nuovo giornale quotidiano in lingua italiana "Il Giornale di Tripoli", con un formato di quattro pagine. Suo principale collaboratore è stato Vincenzo Rovecchio che vi ha lavorato costantemente dal 10 maggio 1960, giorno della sua fondazione, fino al 1970, anno dell'allontanamento degli italiani dalla Libia. Anch'io ho collaborato ad "Il Giornale di Tripoli", per circa nove mesi, nel periodo che va da metà giugno 1967 fino alle fine di marzo del 1968, occupandomi della pagina dedicata allo sport (la quarta ed ultima pagina). Ricordo alcuni dei nomi dei collaboratori e correttori di bozze di quel giornale nel periodo che io vi ho lavorato: Ezio Sammartano, Stefano Licata, Umberto Vaccarini, Felice Fortuna ed il professore Alosi.
Prima de "Il Giornale di Tripoli" esisteva a Tripoli un altro quotidiano in lingua italiana chiamato "Corriere di Tripoli". Tra i vari direttori di questa giornale ricordo alcuni nomi di prestigio: Renato Mieli (padre di Paolo Mieli, attuale Direttore del Corriere della Sera), Marcello Ortona e Gianni Massa, che è stato anche direttore del Messaggero Sardo.
Dal 1963 qualcosa era cambiato all'interno della Libia e questo mutamento si rifletteva anche nelle relazioni con l'esterno. Il primo segnale di tale mutamento fu il discorso inaugurale dell'allora Primo Ministro Fekini, tenuto a Tripoli il 1 Aprile del 1963. Mohieddine Fekini si dichiarava apertamente solidale con la Grande Nazione Araba e, contemporaneamente, si poneva in polemica con le Potenze occidentali per la presenza delle basi sul territorio libico. Intanto veniva varata la nuova Costituzione, che trasformava la Libia da Regno Unito di Libia, inteso come unione di tre territori (Tripolitania, Cirenaica e Fezzan) sotto un'unica corona, in Regno di Libia, ovvero uno Stato unitario, concepito per centralizzare la gestione delle risorse petrolifere, prima delegata alle autorità provinciali.
Nel gennaio del 1964, quando, in seguito alla violenta repressione, da parte della polizia libica, di una dimostrazione studentesca in favore dell'incontro al vertice dei Paesi arabi che si stava svolgendo al Cairo, si verificarono tumulti e scontri nelle principali città libiche. Durante la protesta gli studenti avevano non solo criticato il Governo, ma avevano anche gridato slogan contro la monarchia. Spaventato dalla reazione popolare, il Re destituì il primo ministro Fekini e nominò al suo posto il conservatore Mahmud Muntasser, che era già stato alla testa del Governo libico dal 1951 al 1954.
Il 22 febbraio del 1964, il presidente egiziano Nasser, durante un discorso all'Università del Cairo dichiarò che le basi straniere in Libia costituivano un pericolo per la Libia stessa e per l'intero Mondo arabo, e chiese al Governo libico di adoperarsi per la loro totale liquidazione. Dal punto di vista della situazione interna libica il tempismo di Nasser fu perfetto: il nuovo Governo Muntasser aveva ereditato dal suo predecessore una situazione esplosiva; in più lo stesso Muntasser, come negoziatore rispettivamente nel 1953 e nel 1954 dei trattati con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, rappresentava un bersaglio estremamente vulnerabile per la propaganda nazionalista araba.
A ciò si aggiunse l'intervista rilasciata al settimanale arabo "Al Ahram" dall'ambasciatore libico al Cairo, Taher Bakir, di evidenti simpatie filo-egiziane, che volle chiarire la tiepida reazione del Governo Muntasser al discorso del presidente Nasser e spiegare che era una tattica per prendere tempo con le Potenze occidentali. In realtà la Libia voleva liberarsi dall'ingombrante presenza militare straniera.
L'Ambasciatore, con la sua intervista, aveva scoperto le carte della politica libica, creando forte imbarazzo nel Governo e addirittura sconcerto a Corte. Le dichiarazioni di Taher Bakir furono quindi determinanti per la svolta del 16 marzo 1964, quando il Ministro degli Esteri Hussein Maziq, a nome del Governo libico, indirizzò una nota formale alle ambasciate inglese e americana in base alla quale si richiedeva l'apertura di negoziati ufficiali per la liquidazione delle basi militari dei due Paesi.
La reazione di re Idris all'evoluzione della vicenda delle basi fu molto drastica. Di fronte alla decisione governativa del 16 marzo di negoziare la fine degli accordi militari con gli anglo-americani e alle dichiarazioni dell'ambasciatore libico al Cairo del 26 febbraio che lo coinvolgevano, suo malgrado, nella svolta anti-occidentale della Libia, il sovrano decise di abdicare. Il gesto del re, però, nascondeva un estremo tentativo di capovolgere la situazione, costringendo il Governo a cambiare le sue scelte anti-occidentali. Del resto il Re non riteneva possibile l'esistenza stessa della monarchia senza l'appoggio delle truppe britanniche. Pertanto, con la minaccia dell'abdicazione, decise di giocare il tutto per tutto. Se fosse riuscito nel suo intento di convincere il Governo a fare marcia indietro nei negoziati con le Potenze occidentali, avrebbe consolidato la permanenza sul trono della dinastia senussita. Se avesse fallito, invece, l'abdicazione gli avrebbe permesso di uscire a testa alta da una situazione a dir poco pericolosa. La totale evacuazione delle truppe straniere, infatti, avrebbe lasciato mano libera agli Egiziani in Libia e la sua deposizione, per lasciare il posto a un governo di stampo nazionalista, sarebbe stata solo una questione di mesi.
La reazione dei Libici alla lettera di abdicazione del loro sovrano fu chiara e immediata. Appena la notizia fu resa nota, migliaia di persone da tutto il Paese affluirono al palazzo reale di Tobruk, dove una folla numerosa manifestò la sua lealtà a Re Idris e gli chiese con insistenza di rimanere sul trono e di continuare a guidare la Libia. Questa manifestazione di sostegno popolare tributata al sovrano gli dette la forza di imporre al Parlamento e al Governo una linea di negoziato con Stati Uniti e Gran Bretagna meno drastica del previsto. Il 20 aprile 1964, infatti, i negoziati sulle basi e la presenza militare in Libia si attestarono su posizioni di compromesso, mantenendo lo status quo. L'unica concessione da parte degli Occidentali sulla riduzione della loro presenza militare in Libia fu la decisione britannica di ritirare le proprie truppe dalla Tripolitania entro il 31 marzo 1966 e da Bengasi entro il 31 marzo 1967.
La crisi del 1964, dunque, fu particolarmente grave e le posizioni occidentali in Libia rischiarono veramente di essere compromesse in modo serio, ma, grazie all'intervento di re Idris, lo status quo fu mantenuto. Anche se le notizie ufficiali descrivevano Re Idris spesso in cattive condizioni di salute e scarsamente interessato alle questioni politiche, in realtà egli era meno ammalato di quanto volesse far credere. Inoltre aveva la tendenza, come era ormai ben noto, di lasciar precipitare le questioni politiche del suo Paese fino a quando non raggiungevano un livello critico, per poi risolverle con prontezza all'ultimo momento.
Nel corso di quell'anno, mentre i negoziati sulle basi procedevano, gli Inglesi e gli Americani si resero conto che il sovrano teneva ancora sotto controllo il Governo, dato che quest'ultimo seguiva in pieno tutte le sue direttive. Dopo la minaccia di abdicazione il Primo ministro riferiva al Re ogni settimana sull'andamento della politica libica e, in pratica la sua politica era quella del sovrano. La pressione nazionalista araba sui negoziati per le basi gradualmente si attenuò e il Re dichiarò in privato che era contrario a un ritiro totale. Il Governo libico accettò allora di rimandare la discussione sul ritiro delle truppe britanniche da Tobruk e alla fine dell'anno acconsentì alla richiesta formale del Re riguardo alla permanenza delle forze armate inglesi in Libia. Re Idris dunque, nonostante l'età avanzata, rimaneva ancora l'arbitro della politica interna e estera della Libia e manteneva eccellenti rapporti con le Potenze Occidentali, la cui presenza militare era nei suoi disegni un insostituibile punto d'appoggio per la monarchia.
La posizione di forza di Re Idris nel paese si mantenne fino alla Guerra dei Sei Giorni del 1967, che segnò una svolta fondamentale per la Libia.
Anche in Libia, infatti, la campagna propagandistica lanciata da Nasser contro Israele e i suoi alleati trovò terreno fertile presso il popolo, tradizionalmente xenofobo, e presso gli studenti, condizionati dai numerosi insegnanti egiziani presenti nel Paese e guidati da agitatori addestrati in Egitto.
Mai come nel giugno del 1967, infatti, la politica filo-occidentale di Re Idris era sembrata tanto anacronistica, tanto che il Governo guidato da Hussein Maziq si vide costretto da sollecitazioni giunte dall'Egitto e da pressioni popolari a richiedere nuovamente, come nel marzo del 1964, l'evacuazione delle basi militari anglo-americane presenti sul territorio libico. La situazione fu prontamente risolta dallo stesso Re Idris, che sostituì il Primo ministro e fece revocare dal nuovo Governo la richiesta di smantellamento delle basi.
La nomina alla fine del 1967 di un nuovo Primo Ministro, nella persona del giovane nazionalista Bakkush, sembrò una soluzione in grado di conciliare gli opposti interessi da un lato del Re e delle Potenze occidentali, di cui il nuovo premier godeva la stima, e dall'altro delle giovani generazioni libiche, di cui Bakkush esprimeva l'anima più moderata. L'illusione fu però di breve durata soprattutto per gli Anglo-Americani, quando si resero conto che, un anno dopo il suo insediamento, il nuovo Primo Ministro non aveva ottenuto un sufficiente plauso da parte della popolazione e, nel frattempo, aveva perso anche la fiducia del Sovrano, che lo costrinse alle dimissioni a causa della sua politica, giudicata troppo riformista.
Le forze profonde, che già operavano in Libia dai tempi della guerra arabo-israeliana, erano ormai pronte a scatenare una rivoluzione e attendevano solo il momento opportuno per manifestarsi.
Siamo ormai alla vigilia del colpo di stato del colonnello Gheddafi.
Quella seguente è una lista di tutti i Primi Ministri libici dal 24 Dicembre 1951 ( giorno dell'Indipendenza libica) fino al 1 Settembre 1969 (del colpo di stato di Gheddafi) :
Mahmoud Al-Muntasser 1951-1954
Mohammed Assakizly 1954
Mustafa Ben Halim 1954-1957
Abdulmajeed Kaabar 1957-1960
Mohammed bin Othman Assaid 1960-1963
Mohieddine Fekini 1963-1964
Mahmoud Al-Muntasser 1964-1965
Hussain Maziq 1965-1967
Abdulkadir Badri 1967
Abdulhameed Al-Bakkush 1967-1968
Wanees Al-Qaddafi 1968-1969
Bibliografia
Del Boca Angelo, Gheddafi, una sfida dal deserto, Bari, Laterza, 1998.
Del Boca Angelo, Italiani in Libia: dal fascismo a Gheddafi, Bari, Laterza, 1988.
Preso da:http://www.ernandes.net/ricordi/rionelido/21-storia.htm
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