- Dietro le quinte del colpo di stato libico: l’aiuto russo alla Jamahiriya
(II parte) [07.10.2011] di GilGuySparks
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Ilya Korenev, ufficiale dell’ex Unione Sovietica, poi tenente colonnello nella Russia odierna, ufficialmente in pensione, ha sostenuto l’incarico, durante il colpo di stato dei paesi occidentali contro la Libia, di consulente militare per la Jamahiriya con una squadra di collaboratori russi e delle ex repubbliche sovietiche. Dall’intervista rilasciata nelle scorse settimane e pubblicata il 5 ottobre dal sito Argumenti.ru, vicino ai servizi segreti russi, apprendiamo diversi dettagli inediti della sporca guerra contro il popolo libico per il controllo delle sue ingenti risorse petrolifere, delle sue falde acquifere e della sua importante posizione nel Mediterraneo. Dal racconto di un testimone di prima mano come il colonnello Korenev si è avuto per la prima volta un punto di vista interno ai fatti libici ma da una prospettiva differente rispetto alla “vulgata” proposta dai media corporati internazionali che hanno trasmesso solo veline che, attraverso Aljazeera, provenivano dai centri di controllo delle informazioni NATO e da quelle per le operazioni di psycological warfare del 4º Gruppo Operazioni Psicologiche statunitense di Fort Bragg nella Carolina del Nord.
Il colonnello Korenev, con lo sguardo dell’esperto militare professionista, si è intrattenuto in riflessioni circa la specificità della guerra in Libia, autentico «scontro di civiltà», diverso dai conflitti armati nel Caucaso e in Cecenia nei quali aveva operato in precedenza, come ufficiale dell’esecito sovietico e poi russo:
“Ogni guerra è unica. In Libia è eterogenea. Propaganda massiccia della seconda guerra mondiale, zone in fiamme, come in Vietnam, corruzione e diserzione, come in Iraq. Ci sono anche “i partigiani bielorussi”.
Come in tutte le guerre, vengono uccisi un gran numero di civili. Ma il conflitto è davvero unico. Da un lato, i tuareg – i guerrieri del deserto con un fucile del 1908, e il popolo Amazigh (berbero) con un machete. D’altra parte, – aerei e bombe a guida laser, missili guidati, droni da ricognizione. Scontro di civiltà e di eternità.“
Un’eterna guerra di civiltà e di inciviltà sull’altra sponda del Mediterraneo e sulla quale cala, o la disinformazione più bieca e spudorata, o il blackout informativo dei media nazionali e internazionali.Anche il colonnello russo non può esimersi dal sottolineare la pesante strategia psicologica sulle informazioni che è stata dispiegata contro la Libia e il suo popolo, “costantemente sul territorio della Libia sono stati diffusi da aerei statunitensi volantini [di propaganda].” ai quali si aggiungevano i servizi manipolati con la “copertura provocatoria Al-Jazeera, BBC, CNN, Reuters e altri che passavano attraverso il coordinamento del centro informazioni della NATO.“
Alle white psyop per scoraggiare e fiaccare lo spirito combattivo della popolazione e dei militari, si affiancavano le black psyop con la diffusione di menzogne che trovavano credito immediato sui media di tutto il mondo, anche se si trattava di vergognose bugie: i 10.000 morti di febbraio e le connesse fosse comuni; gli stupri punitivi dei militari libici ai quali sarebbero stati distribuiti viagra e preservativi; i cecchini lealisti che sparavano sui bambini e li torturavano…
Il ragionamento del colonnello Korenev sul consenso e la propaganda è molto scettico, partendo dal presupposto che i fedeli sono sempre un numero limitato, come daltronde gli oppositori, mentre il grosso della popolazione risulta fluttuante per opinioni e volubile nell’assegnare il consenso ad una o ad un’altra parte. Dalle stesse considerazioni muovono le operazioni di guerra psicologica delle forze armate straniere che tentano di far oscillare, con la manipolazione, il consenso dell’opinione pubblica a favore o contro qualcosa o qualcuno, a seconda della posta in gioco, in Libia come in altri paesi sovrani; ma il meccanismo si può ritorcere contro chi lo ha messo in moto:Secondo il colonnello Korenev in fin dei conti il problema è militare solo fino ad un certo punto, mentre buona parte della partita si gioca sul consenso popolare che la Jamahiriya ha tra la popolazione libica: “anche il problema non è in realtà militare. L’esercito è solo come una piccola aggiunta.”
Su questo argomento si salda la sostanza dell’ultimo discorso (06.10.2011), alla popolazione a lui fedele, di Muammar Gheddafi che chiede disobbedienza civile e manifestazioni popolari; cosa che sta avvenedo in molte città della Libia, dalle più grandi alle più piccole. Korenev non nega la presenza del dissenso che è contemplata nel suo racconto ma si sofferma a rilevare che davanti agli occhi dei libici si staglia, evidente in tutta la sua drammaticità, la Libia di oggi e il ricordo della Libia di ieri. Le strade pulite e tranquille dello scorso anno e le violenze terroristiche del presente; la sicurezza del passato e l’incertezza per il futuro non per i prossimi anni ma per i giorni a venire.
Il CNT per liberare la Libia la ha distrutta e stuprata, con il contributo umanitario delle potenze occidentali; le ha tolto il futuro, ricoprendo di cadaveri mutilati le vie, i mercati, le scuole e gli ospedali. Questo sedicente “nuovo potere” non sembra avere nessuna chance nè di riportare l’ordine nè di poter assicurare un futuro all’altezza del recente passato.
Korenev aggiunge infatti: “Nuovo potere” io non correrei a chiamarlo nuovo potere. Naturalmente, per le persone comuni sono quelli che danno lavoro e cibo, ma la cosa più importante è la sicurezza. In Libia c’erano persone che criticavano le azioni di Gheddafi, è vero. Ma era un’opposizione ragionevole, nessuno di loro pensava di prendere le armi e tagliare a pezzi le persone. Ed era in minoranza. Le nuove autorità cosiddette e i più radicali non possono garantire la stabilità in Libia ora. Sì e non sarà in grado di farlo nel prossimo futuro. Perché la maggior parte comunque se non è per Gheddafi, e perlomeno per “i tempi di Gheddafi”. Ma in Oriente è tradizione trattare con il potere e il denaro. Se i lealisti guadagneranno un numero di vittorie convincente, le persone li sosterranno. [...] le persone si chiedono per che cosa sono state liberate e perché. Continuano a confrontare quello che era prima e il dopo. E le conclusioni non piacciono.“
La questione militare con il consenso popolare si intrecciano strettamente in Libia, all’interno di un conflitto che sfugge alla profonda comprensione del cittadino medio europeo che è troppo distratto e poco correttamente informato per poter farsi un’idea scevra dalla propaganda dominante. Il discorso del colonnello Korenev è equilibrato, critico su alcuni versanti, sempre lucido e attento, mentre illustra le sue opinioni dimostra, in maniera esemplare, di essere addentro alle questioni interne libiche e di aver maturato una visione piuttosto organica di ogni ambito della complessa vicenda.
Secondo Korenev lo sviluppo della situazione nella regione sarà presto rapida. Entro il prossimo mese sarà emersa una chiara direzione di ulteriori sviluppi per i lealisti sostenitori della Jamahiriya. La notizia che la resistenza libica ha reso inutilizzabile il più grande giacimento di petrolio in Libia dell’ENI, conosciuto come Elephant (riportata dalla Reuters) non ha trovato alcun riscontro sui media nazionali italiani che hanno steso un blackout totale negli ultimi giorni sulle questioni libiche che vanno complicandosi fortemente con l’ingresso in guerra delle tribù Tuareg del Magreb e il contributo di specifici istruttori alla guerriglia stealth nel deserto del fronte Polisario della Repubblica Araba Saharawi Democratica. In contemporanea atterrano sul suolo libico i mercenari PMC ai quali sarà affidata la protezione dei complessi petroliferi e degli oleodotti. Korenev osserva infatti che una allentamento delle operazioni Nato rappresenterebbe la fine del CNT:
“Sul piano militare, molto dipenderà dal sostegno delle forze ribelli della NATO. In generale l’aviazione e la radio. Se si fermano, o almeno riducono il numero di sortite, come promesso, [...] poi bussare al clown CNT non sarà un grosso problema. Con i radicali [islamisti] sarà più difficile. Hanno addestrato ragazzi di Afghanistan e Pakistan. Loro sanno come maneggiare armi. E non hanno nessun posto dove correre, il paese Libia gli è estraneo. Probabilmente ora nel paese entreranno compagnie militari private, che prenderanno in custodia gli oleodotti e le raffinerie. Abbiamo già queste informazioni da Brega e Ras Lanuf. Hanno cercato di far sbarcare truppe e prendere piede. Finora, senza successo. Pertanto, la sfida sarà far saltare almeno queste strutture in modo permanente. Proteggerle dai missili che arrivano dal deserto – è impossibile. In Europa si deve capire che ogni barile di petrolio sarà molto costoso. Sia in termini di dollari e che di vite. I ragazzi delle PMC (Private Military Company) non sono idioti, essi stabiliscono un prezzo per i loro servizi, che li sostiene ma che non è conveniente. A protezione degli stupidi si mettono truppe regolari. Loro hanno altri compiti.“Secondo il colonnello Korenev l’attacco alla Libia fa parte di progetto strutturato e organizzato che ha come prossimi obiettivi alcuni paesi ben specifici tra i quali spicca chiaramente anche la Russia, la cui destabilizzazione è cercata in maniera sotterranea da parte delle potenza europee e degli Stati Uniti attraverso l’utilizzo dei terroristi islamici: “Naturalmente. Non ci sarà un confronto aperto nella prima fase. L’obiettivo primario è di nuovo far saltare in aria il Caucaso con l’aiuto dell’Islam radicale, da immergere nel sud della Russia, [...] anche se appare come un conflitto locale sarà tuttavia una guerra su vasta scala. Ora al potere nel Maghreb giungono musulmani radicali. Militanti di Al-Qaida e altri gruppi estremisti. E tra la Russia e il Mediterraneo, la distanza è inferiore e molto meno che in Afghanistan e le montagne sono più basse. [...] Abd al-Hakim Belhadj – comandante militare di Tripoli, che ricoprirà un alto ruolo nel nuovo governo della Libia, egli è la persona più in vista del Gruppo combattente islamico libico (LIBG), riconosciuto come un’organizzazione terroristica dal dipartimento di stato degli Stati Uniti.[...]
Oltre all’Islam radicale, in Libia va tenuto conto anche del saccheggio delle armi incontrollato dai magazzini dell’esercito libico. E la maggior parte di queste armi andrà al Caucaso nelle stive delle navi da carico. Dai porti del Nord Africa fino alla costa del Caucaso – un paio di giorni di viaggio. È un peccato che coloro che hanno da pensare alla sicurezza dei nostri cittadini, non siano in grado di leggere almeno i rapporti degli analisti della NATO. Essi indicano chiaramente che l’esportazione illegale di armi rubate in Libia – una delle principali sfide globali alla sicurezza.“
Questo spiegherebbe perchè gli occidentali salvo qualche vuota dichiarazione di preoccupazione nei confronti del traffico fiorente di armi che sta facendo la fortuna di Al-Qaeda nel Magreb, assistono senza fare realmente nulla per fermare il traffico di armi che con tutta probabilità finiranno per destabilizzare le regioni del Caucaso e del sud della Russia.
Il controllo delle comunicazioni attraverso i potenti mezzi tecnologici degli alleati occidentali della NATO è quasi totale attraverso radar e scansioni a infrarossi, immagini satelllitari e lo stesso Korenev ammette:
“Né il colonnello, né i suoi figli sono quasi mai nello stesso luogo, ma costantemente in movimento. Il problema più difficile è la comunicazione. L’etere è controllato dall’ equipaggiamento militare e tecnico del 6° corpo Marine U.S., dalla DIA e dal NSA. Così non potevo rischiare il trasferimento di immagini e video. Ci vuole più tempo rispetto al rilascio di un “pacchetto” di informazioni testuali. Ma l’accesso a Internet è raro, la NATO conosce le zone in cui siamo noi, e blocca qualsiasi connessione.“Alla domanda dell’intervistatore sui mercenari prigionieri di cui ha dato più volte notizia la resistenza libica, il colonnello Korenev non si mostra reticente e conferma quanto si sapeva circa il numero e la nazionalità inglese, francese e del Qatar ma aggiunge dei dettagli puntuali e precisi sulle modalità della cattura e su quello che seguì alla stessa:
“Era un gruppo di commando composto da 30 persone. La maggior parte dell’esercito del Qatar, 13 tra inglesi e francesi. Loro conducevano un ulteriore esplorazione a Beni Walid. A quanto pare, per la forza principale. Ma della periferia della città non conoscevano molto. [...]Siamo stati in grado di effettuare l’operazione e catturarli. Quelli del Qatar furono giustiziati dai libici. Essi li odiano selvaggiamente. Dicono così, un musulmano che entra in casa di un altro musulmano e uccide la sua famiglia? Pertanto, “iadam” (“un tiro, pena di morte”) e punto. Inglesi e francesi sono stati separati, interrogati e portati al sicuro. Registrati i nomi e i numeri personali e fotografati, sono stati trasferiti i dati via e-mail al Ministero degli Affari Esteri di Gran Bretagna e Francia. Gli offrirono di dargli i soldati senza condizioni, come esempio, ovunque in Libia. A proposito, la macchina da cui è stato effettuato il trasferimento di informazioni al di fuori, fu distrutta da un missile a poche ore, dal ritorno in città che è molto strettamente controllata dall’etere. Quando il Regno Unito ha abbandonato i suoi soldati, abbiamo considerato la possibilità di spostarli in Algeria. Raccoglierli in una conferenza stampa per mostrarli al mondo. Ero in un convoglio con i ragazzi di Moussa Ibrahim, in Algeria per concordare la conferenza stampa. Per molte difficoltà diplomatiche nella capitale non si era riusciti ancora a tenerla, in un villaggio di frontiera. Sulla strada ci hanno sparato dagli elicotteri. Fui sbalzato fuori dalla jeep dall’esplosione. Combattenti Tuareg mi hanno raccolto e mi hanno aiutato a spostarmi all’estero. Da lì sono giunto qui per le cure. Non che tutto sia andato secondo i piani, ma sono vivo.“Dopo aver ascoltato il lungo e avventuroso racconto di Korenev, l’intervistatore Alexander Grigoriev, domanda infine al colonnello se conoscesse l’arabo; l’ex ufficiale delle forze armate russe risponde in arabo con un proverbio, citando alla fine anche la trappola tesa ai ribelli dalla resistenza a Sirte, dove in un edificio imbottito di esplosivo trovarono la morte 90 ribelli:
“Man aaesh Kuman Arbain yauman minhum tappo” è un proverbio arabo – “Chi ha vissuto con persone per 40 giorni, è diventato una parte di esse.”
Se non l’avessi conosciuto [l'arabo] non sarei stato inviato.
I Proverbi e i detti arabi sono molto divertenti. Ne ho annoverato un altro nella raccolta, quando circa 100 ribelli sotto i colpi di AK e di RPG hanno fatto irruzione nel palazzo di ricevimento delle delegazioni straniere vicino a Sirte, l’ultima cosa che hanno visto nella loro vita, fu una grande scritta sul muro: «Al-ariana TYZ fahaua po almiz» – come diceva un ufficiale iracheno: «dove state avete il culo scoperto, ma siete nella mensa ufficiali».“
Fonte:http://gilguysparks.wordpress.com/2011/10/07/dietro-le-quinte-del-colpo-di-stato-libico-l%e2%80%99aiuto-russo-alla-jamahiriya-ii-parte/
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