18 gennaio 2015 di Alessandro Farruggia
IL DESTINO della Libia è appeso a un filo che passa da Ankara e Doha. Oggi il Gnc, il vecchio parlamento libico in mano agli islamisti che si è reinsediato a Tripoli, deciderà se partecipare al secondo round negoziale in programma per la prossima settimana. E dalla risposta capiremo se la Libia è destinata a discendere sempre più nel caos o se può tentare la lenta risalita verso la stabilizzazione. Nella Libia del post Gheddafi la dialettica politica si fa in primis con le armi. E non a caso la chiusura del primo round negoziale a Ginevra – incoraggiante per molti versi – è stata salutata ieri dall’esplosione di una autobomba davanti all’ambasciata algerina a Tripoli. Rivendicato dall’Isis, l’attentato ha invece tutta l’aria di essere un avvertimento tra le fazioni filoislamiste che guidano la Tripolitania e che sono oggi spaccate sull’atteggiamento da tenere rispetto al processo di Ginevra.
AL ROUND negoziale convocato dall’inviato speciale per la Libia Bernardino Leon e fortemente sponsorizzato dal governo italiano hanno infatti partecipato, al pari del nuovo parlamento e del governo di Tobruk, i rappresentati del consiglio della città di Misurata, «azionista forte» della coalizione Fajir Libia (Alba Libica), filoislamista, che è al potere a Tripoli. A sostegno del processo negoziale si sono espressi anche i consigli di Tripoli, Zawia a Gharian. E ieri «Central Shild», che è il cuore della milizia di Alba Libica, ha annunciato un cessate il fuoco unilaterale «a patto che anche l’altra parte accetti di farlo». Sono segnali importanti ai quali il governo filoislamista di Tripoli ha risposto con fastidio. «Ci appelliamo a tutti i rivoluzionari a sbararre la strada a Leon e ai suoi complotti» ha attaccato la pagina Facebook di Fajir Libya, mentre il ministro degli enti locali ha ordinato ai consigli comunali di tenersi lontani dal dialogo Onu. Ma la frattura c’è, e ora molto dipenderà dall’incontro che Nuri Abu Sahmain, il presidente del vecchio parlamento, ha appena avuto con il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, grande sponsor con Doha dei filoislamisti di Tripoli. Se come pare l’invito è stato «andate a Ginevra», allora un sentiero che porti all’uscita dal caos libico è possibile.
di Alessandro Farruggia
Preso da: http://www.quotidiano.net/caos-libia-round-finale-1.584584
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