Rapito per otto mesi. A due dal suo rilascio, il tecnico di Trebaseleghe rimane senza occupazione: «Mi aspettavo qualcosa di diverso dopo quello che mi è successo»
VENEZIA Proprio ieri, 16 gennaio, ha «festeggiato» i due mesi da uomo libero. Era infatti il 16 novembre quando Gianluca Salviato, il tecnico di Trebaseleghe rapito in Libia il 22 marzo scorso e rimasto per quasi otto mesi nelle mani dei jihadisti, tornò in Italia. In realtà però Salviato in queste settimane ha avuto ben poco da festeggiare. Dopo il suo ritorno a casa ha ben presto scoperto che l’azienda per cui lavorava, l’udinese Enrico Ravanelli, aveva deciso di abbandonare il cantiere libico, anche sulla scia della sua vicenda. E dunque lui e gli altri 14 colleghi sono sulla soglia del baratro e rischiano il licenziamento. L’azienda li ha messi tutti in cassa integrazione già nel giugno dello scorso anno, quando Salviato era ancora nelle mani dei suoi aguzzini. Inizialmente fino al 31 dicembre, poi però la situazione non si è più rimessa in sesto, la Libia resta un paese pericoloso e l’azienda ha prorogato il provvedimento fino al 31 gennaio, solo grazie a un accordo con il sindacato.
Dall’incontro di giovedì con i vertici aziendali, però, sindacalisti e dipendenti sono usciti con grande pessimismo. L’ipotesi più probabile è che dall’1 febbraio i 15, tra cui appunto Salviato, restino a casa definitivamente. «La trattativa non è ancora chiusa ma la situazione è molto complicata – dice Mauro Rainis della Feneal Uil di Udine – La Ravanelli, oltre al cantiere in Libia, ha solo quello in Italia e non è in grado di assorbirli. Cercheremo di salvare i lavoratori ma è un momento critico anche qui in Italia per l’azienda». Salviato, per ora, cerca di non farne un dramma, anche se l’amarezza trapela dalle sue parole. «Non è certo una cosa che faccia piacere, anche perché dopo quello che mi è successo mi aspettavo qualcosa di diverso dalla cassa integrazione - ammette - Ci siamo rimasti tutti male dopo l’incontro di giovedì, anche perché abbiamo dato parecchio all’azienda, tutti abbiamo lavorato con grande professionalità in mezzo a mille difficoltà. Cosa farò? Andrò in disoccupazione ma non resterò certo con le mani in mano. Mi cercherò un altro lavoro come ho sempre fatto nella mia vita».
17 gennaio 2015
Fonte: http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2015/17-gennaio-2015/chiude-cantiere-libia-salviato-perde-lavoro-che-delusione-230856955134.shtml
Nessun commento:
Posta un commento