gennaio 2, 2014
Patrick Martin WSWS 30 dicembre 2013
Un lungo reportage in prima pagina sul New York Times fornisce un’ulteriore conferma che l’attacco a un complesso statunitense a Bengasi, in Libia, nel settembre 2012 sia stato il risultato dell’impiego da parte dell’amministrazione Obama dei terroristi islamisti nella guerra contro il regime libico di Muammar Gheddafi. L’articolo del Times, basato su decine di interviste a Bengasi, afferma che l’attentato che uccise quattro statunitensi, tra cui l’ambasciatore Christopher Stevens, fu effettuato da libici già alleati del governo degli Stati Uniti nella guerra del 2011 che rovesciò e uccise Gheddafi. Il corrispondente del Times David D. Kirkpatrick, scrive che l’attacco non fu organizzato da al-Qaida o da qualche altro gruppo esterno alla Libia, ma “da combattenti che avevano beneficiato direttamente della potenza aerea e del supporto logistico della NATO durante la rivolta contro il Colonnello Gheddafi.”
La principale base statunitense a Bengasi non era il piccolo edificio della missione in cui Stevens e un suo aiutante morirono, ma un complesso più ampio definito “la filiale” e che ospitava almeno 20 agenti dalla CIA. Due guardie di sicurezza di questo edificio furono uccise da una colpo di mortaio, otto ore dopo l’attentato che uccise Stevens. La disparità di personale tra la sede della CIA e l’avamposto diplomatico, dice che la missione principale del governo degli Stati Uniti a Bengasi era l’operazione della CIA, che aveva guidato la campagna contro Gheddafi nel 2011, ma che nel 2012 era dedita a una diversa e ancor più sanguinosa operazione: il reclutamento di mercenari e l’invio di armi per la guerriglia islamista contro il regime siriano di Bashar al-Assad. Come il World Socialist Web Site ha riferito, nei giorni degli omicidi di Bengasi: “Ci sono tutte le ragioni per credere che la robusta presenza della CIA a Bengasi, dopo la caduta di Gheddafi, riguardi ben più che la semplice sorveglianza. Gli islamisti libici costituiscono la maggiore componente dei “combattenti stranieri” che svolgono un ruolo sempre più dominante nella guerra settaria sostenuta dagli USA in Siria, con l’obiettivo di rovesciare il governo del Presidente Bashar al-Assad. Secondo alcune stime, si afferma che da 1200 a 1500 dei 3500 combattenti infiltrati in Siria provengono da Cecenia e Pakistan.”
L’articolo del Times individua un leader della milizia, Ahmad Abu Qatala, quale figura principale nell’attacco Bengasi, anche se Qatala ha ammesso di essere stato all’esterno dell’edificio, al momento. Fa anche il nome di un altro leader della milizia, Abdul Salam Bargathi, capo della brigata di sicurezza preventiva, indicato come colui che disse alle guardie libiche dell’impianto statunitense di fuggire al momento dell’attacco. Questi individui, e molti altri nominati nel pezzo del Times, collaborarono strettamente con la CIA e lo stesso Stevens durante i sei mesi di bombardamenti della NATO e di lotta altalenante culminata nel rovesciamento del governo libico e nell’omicidio di Gheddafi. Tali islamisti erano spesso veterani della guerriglia in Afghanistan, sia quella sostenuta dagli USA nella guerra contro l’esercito sovietico, negli anni ’80, che nella guerra in corso contro il regime di occupazione USA-NATO creato nel 2001. Avevano combattuto sia a favore che contro il governo degli Stati Uniti, ed erano in procinto di cambiare nuovamente lato.
Un importante obiettivo del articolo del Times è rafforzare l’amministrazione Obama nel suo continuo conflitto con i repubblicani al Congresso, che cercarono di sfruttare il fiasco di Bengasi sostenendo che i funzionari dell’amministrazione mentirono sugli eventi per evitare danni alla campagna per la rielezione di Obama. L’ultima sezione di questo articolo è una virtuale puntuale confutazione delle affermazioni dei leader repubblicani, come il presidente del Comitato sull’intelligence del Congresso Mike Rogers e di quello di vigilanza sul governo Darrell Issa, secondo cui Bengasi fu una grande operazione di al-Qaida pianificata con largo anticipo. Tale disputa tra democratici e repubblicani è un baraccone politico architettato per nascondere le questioni fondamentali degli eventi di Bengasi, e in particolare la connessione con l’attuale sovversione degli Stati Uniti in Siria. L’attacco alla missione degli Stati Uniti è stato un classico caso di “ritorno di fiamma”. La CIA aveva mobilitato i fondamentalisti islamici, tra cui veterani di al-Qaida e dei taliban della guerra in Afghanistan, per combattere Gheddafi, e che recluta anche per la nuova guerra contro Assad. A un certo punto, alcuni di questi islamisti litigarono con i loro finanziatori imperialisti. Potrebbe anche essere stato esattamente questo, una disputa sul denaro in cui gli islamisti si sentirono disprezzati e discriminati, l’anno dopo il rovesciamento di Gheddafi.
L’articolo del Times inizia con un aneddoto suggestivo, descrivendo una riunione del 9 settembre 2012 tra un funzionario statunitense e i leader delle milizie di Bengasi. I leader delle milizie mostrarono ostilità e dissero allo statunitense che Bengasi non era sicura e che doveva lasciarla al più presto possibile, scrive Kirkpatrick. “Eppure, mentre i miliziani facevano uno spuntino con merendine assieme ai loro ospiti statunitensi, espressero gratitudine per il sostegno del presidente Obama alla loro rivolta contro il colonnello Muammar Gheddafi, sottolineando di voler costruire un partenariato con gli Stati Uniti, in particolare con maggiori investimenti. Chiesero specificamente per Bengasi dei punti vendita per McDonald e KFC. Il funzionario statunitense riassunse le loro opinioni affermando che volevano che l’amministrazione Obama facesse maggiori ‘pressioni’ sulle imprese statunitensi affinché investissero a Bengasi.“
L’articolo del Times tocca anche un altro dubbio incidente nel torbido intervento degli Stati Uniti in Libia: l’omicidio del generale Abdul Fatah Yunis, nel luglio 2011, quando il comandante principale delle forze ribelli appoggiate dagli USA era a Bengasi. Yunis, ex-ministro degli interni di Gheddafi, che aveva disertato per unirsi ai ribelli, era odiato dai fondamentalisti islamici. Secondo il Times, Yunis fu sequestrato dagli islamisti e detenuto la notte nella sede della milizia comandata da Abu Qatala. Il giorno dopo, i corpi crivellati di pallottole di Yunis e di due suoi aiutanti furono trovati in una strada presso la città. Non ci fu alcuna seria indagine su circostanze e motivazioni di tale assassinio, sia da parte dei “ribelli” libici che dei loro sponsor USA-NATO.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
http://aurorasito.wordpress.com/2014/01/02/le-milizie-appoggiate-dalla-cia-collegate-allattacco-a-bengasi-in-libia/
Nessun commento:
Posta un commento