17 febbraio 2014
- di Alessandro Cavallini -
Ieri l’emittente satellitare Al Arabiya ha diffuso la notizia che forze militari vicine all’ex capo di Stato Maggiore libico, Khalifa Haftar, avrebbero tentato di prendere possesso dei centri di potere per dare vita ad un comitato presidenziale. In parole povere, si sarebbe trattato di un golpe. Nelle ore successive la stessa emittente ha diffuso anche un video dello stesso Haftar, nel quale dichiarava che “il comando nazionale dell’esercito libico si sta muovendo per impostare la nuova road map verso la democrazia per salvare il paese dalla sciagura. Terremo incontri con partiti e gruppi di potere per testare la condivisone di questa marcia”. Mentre saliva la tensione e le voci su quanto stesse realmente accadendo in Libia si susseguivano le une alle altre, è poi arrivata in giornata la notizia ufficiale che il premier Zeidan aveva ordinato l’arresto di Haftar e di un gruppo di militari che si erano riuniti senza permesso qualche giorno fa.
Ricordiamo che questi sono giorni difficili per il paese libico. La scorsa settimana, infatti, il Parlamento ha esaurito il proprio mandato ma, con una decisione che ha suscitato molto clamore, ha unilateralmente stabilito di prolungare la propria attività, con l’obiettivo di giungere entro agosto alla stesura definitiva della nuova Costituzione per poi andare alle urne. Ecco perché quanto successo nelle ultime ore ha sicuramente qualcosa di strano. L’analisi poi di quanto successo è ancor più difficile, a causa delle poche notizie ufficiali che trapelano, come se molti volessero tenere sotto silenzio quanto successo realmente.
Proviamo allora a partire analizzando i personaggi principali di questa oscura vicenda. Chi è Khalifa Aftar? Questo ufficiale libico è stato a lungo a fianco di Gheddafi, ma a causa del conflitto perso a metà degli anni Settanta con il Ciad, nel quale ricopriva un importante ruolo di comandante, è entrato in disgrazia, prendendo poi la decisione di rifugiarsi negli States, andando a vivere a Virginia, a pochi chilometri di distanza da Langley, dov’è situata la sede della CIA. Secondo un libro pubblicato nel 2001 daLe Monde Diplomatique, Manipulations africaines, Haftar avrebbe dato vita ad una milizia anti-Gheddafi, finanziata proprio dalla CIA. Non stupisce perciò che nel 2011 sia tornato in patria per combattere nelle file degli insorti atlantisti, fino ad arrivare al terzo gradino nella scala gerarchica del “nuovo” esercito libico.
Ma anche la fedeltà atlantista di Ali Zeidan è cristallina. Ex diplomatico libico, nel 1980 scappò dal suo paese per ingrossare le fila degli oppositori a Gheddafi, tutti rifugiati e coccolati nel ricco Occidente. Diciamo che la sua nomina a premier della nuova Libia, democratica e occidentalista, è stato un premio per il duro lavoro svolto nei lunghi anni dell’esilio. E allora da cosa nasce lo scontro tra i due, apparentemente compari dello stesso fronte filo-yankee?
Ricordiamo che in una recente analisi pubblicata su Stratfor, un think tank vicino al Pentagono, si riportava la notizia dell’esistenza di due diverse scuole di pensiero nell’attuale dirigenza americana. Entrambe le correnti ritengono necessario continuare nella politica imperialista di dominio mondiale, ma divergono sulla strategia da adottare: da una parte i falchi, che considerano l’intervento militare per conservare appunto il dominio politico degli States; dall’altra le colombe che, al contrario, suggeriscono un approccio più “tenero”, sulla scia delle primavere arabe degli ultimi anni. Può essere che quanto accaduto nelle ultime ore in Libia sia il frutto dello scontro in atto tra queste due fazioni. Chi prevarrà alla fine? La risposta non la sappiamo, ma di sicuro, che prevalga l’una o l’altra fazione, la Libia rimarrà comunque serva dell’imperialismo a stelle e strisce.
Fonte: http://www.informarexresistere.fr/2014/02/17/golpe-libico/
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