19 settembre 2020.
Conseguenza delle dimissioni due giorni fa di Fayez Sarraj da premier del governo di Tripoli appare quella del momentaneo ritorno in auge di Khalifa Haftar a Bengasi. Ma l’ex «uomo forte» della Cirenaica è troppo debole per capitalizzare politicamente. I russi non lo sostengono più e paiono invece appoggiare discretamente Saif al Islam, il figlio più politico di Muammar Ghaddafi. Putin resta fortemente attratto dai vecchi ghaddafiani duri e puri, mentre è offeso da quelli che considera i voltafaccia altezzosi di Haftar. Fonti tripoline raccontano di un aereo russo che negli ultimi giorni avrebbe condotto Saif da Zintan a Mosca per colloqui riservati. Sono sviluppi caotici e carichi di colpi di scena in questa Libia frammentata, che dalla caduta di Gheddafi nel 2011 è sempre più vittima delle faide interne alimentate dalle ingerenze politiche e militari straniere. Soltanto un paio di settimane fa sembrava che la ripresa del dialogo tra Sarraj e i leader della Cirenaica in vista della creazione di un governo unitario potesse essere garantita dalla marginalizzazione di Haftar. Ma adesso di due governi nemici sono entrambi dimissionari e lacerati dalle lotte interne per la successione. L’Onu e l’Europa provano a ritessere le fila del dialogo con i prossimi incontri di Ginevra assieme al progetto tedesco di una conferenza internazionale virtuale sulla Libia il 5 ottobre. Ma intanto Putin ed Erdogan si parlano direttamente e sono loro a dettare le regole del gioco.
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