Dopo la fuga di Zeidan e le dimissioni di Al Thinni, l'irruzione nella sede del Congresso Generale Nazionale ha impedito al parlamento di nominare un nuovo primo ministro
30 aprile 2014
Scotta sempre di più la poltrona di primo ministro in Libia. Dopo la sfiducia di Ali Zeidan e l’annuncio delle dimissioni del suo successore Abdullah Al Thinni, ieri sembrava la volta buona per la nomina di un nuovo premier. Al momento del voto decisivo, però, la sede del Congresso Generale Nazionale a Tripoli è stata presa d’assalto da uomini armati che hanno iniziato a sparare in aria ordinando ai deputati di abbandonare l’aula.
Non è la prima volta che la capitale libica assiste a scene del genere dalla caduta del regime del Colonnello Gheddafi nel 2011. E l’invasione di ieri ha seguito il copione delle precedenti puntate. Uomini armati hanno fatto irruzione all’interno del parlamento dichiarando, stando a quanto riferito dal quotidiano libicoLibya Herald, di essere arrivati nella capitale da Bengasi e di appartenere a un movimento guidato dal leader Mohamed Al Araibi, conosciuto come “Bouka”.
L’irruzione con le armi
Il blitz è avvenuto poco dopo la prima scrematura dei sette candidati in lizza per la carica di premier, al termine della quale si erano guadagnati il ballottaggio Ahmed Maetiq Al-Hassi, di Misurata, in testa con 67 voti, e Omar Al-Hassi, noto accademico ben visto dagli ambienti islamisti del Paese e da diverse milizie rivoluzionarie, secondo con 34 voti. I deputati stavano discutendo della necessità di arrivare a una nomina appoggiata da non meno di 120 voti quando il caos ha interrotto i lavori. Ciò che è accaduto in seguito rientra nell’ordinaria instabilità del presente libico. Spari in aria, forse qualche ferito e membri del parlamento costretti a fuggire dall’aula. Secondo diverse fonti locali, l’azione sarebbe stata organizzata dai miliziani di Bengasi per assicurare la vittoria a Omar Al Hassi, considerato più indipendente e dunque meno assoggettato al volere del governo centrale di Tripoli.
La seduta è stata così rinviata probabilmente al 4 maggio, quando (salvo nuove irruzioni) il parlamento sarà in grado di eleggere un nuovo primo ministro. Nell’ultimo anno e mezzo la sede del Congresso Generale Nazionale è stata presa di mira in decine di occasioni. Con la sfiducia del parlamento nei confronti di Ali Zeidan, costretto a lasciare il Paese dopo la fuga dalle coste libiche di un cargo che aveva caricato a bordo quintali di petrolio sottratti illecitamente dai separatisti della Cirenaica, la situazione sembrava essere migliorata con la nomina di Al Thinni. Scelto per le sue capacità di negoziatore, dopo un avvio promettente Al Thinni a metà aprile ha però fatto un passo indietro, a causa di un attentato subito mentre si trovava insieme alla sua famiglia.
I punti in sospeso del nuovo corso libico
Sul futuro della Libia non gravano solo le incertezze riguardo la nomina del nuovo primo ministro e la formazione di un esecutivo. In parallelo, procede - non senza perplessità - anche l’iter per la redazione della nuova Costituzione. Il 21 aprile, la neoeletta Assemblea Costituente, nota come Comitato dei Sessanta, ha tenuto la sua seduta inaugurale ad Al Baydaa scegliendo come presidente Ali Tarhouni,( un altro dei ratti che è stato a lungo "in esilio" negli USA e poi tornato al momento dell' aggressione alla Libia nel 2011).
ministro del Petrolio e delle Finanze nel Consiglio Nazionale di Transizione. Ma la sua nomina non elimina i dubbi sul processo costituzionale in corso.
In contemporanea, ciò che resta dell’esecutivo ancora in carica deve fare i conti con altre due importanti questioni, vale a dire il rilascio dell’ambasciatore di Giordania, Fawaz al Aytan, e di due diplomatici tunisini, rapiti ormai da più di una settimana, e l’inizio del processo ad alcune delle figure di punta del deposto regime tra cui il figlio del Colonnello Gheddafi, Sayf.
La Cirenaica e il petrolio
Ciò che preoccupa di più è però la crisi petrolifera della Cirenaica. La compagnia di Stato National Oil Company (NOC) ha assicurato che è in corso nel porto di Al Zuwaytina il passaggio di consegne dagli occupanti alle forze di sicurezza nazionali. Tuttavia, in base alle ultime comunicazioni del ministero del Petrolio libico, sembra che la transizione abbia subito dei rallentamenti negli ultimi giorni a causa di “problemi tecnici”, né è stata indicata al momento una data precisa per la riattivazione definitiva dello scalo portuale. Il ministero della Giustizia libico ha annunciato l’istituzione di una commissione d’inchiesta sui casi di corruzione nel settore nel tentativo di venire incontro alle richieste dei separatisti. Ma la sensazione è che la crisi nella Cirenaica sia ancora molto profonda, motivo per cui il futuro primo ministro della Libia dovrà immediatamente provare a porvi rimedio. Sempre che le milizie armate permettano al parlamento di votare per la sua nomina.
Adattamento dall' originale: http://news.panorama.it/oltrefrontiera/Libia-senza-premier-una-poltrona-che-scotta
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