Se non sei furibondo, vuol dire che non stai attento (adesivo a Londra)
Durante una guerra le notizie devono essere date per istruire, piuttosto che per informare (Joseph Goebbels)
Uccidi la tua religione, prima che la religione uccida te (Ennio Montesi)
Verso la vittoria
E’ il momento di fare salti di gioia lanciando ponti di speranza verso la vittoria della Libia, della rivoluzione libica e di questa autentica primavera araba lunga 42 anni. Ci saranno ripensamenti, contrasti tra i bombaroli stragisti coalizzati, mediazioni, compromessi, rinunce, innovazioni, forse cambiamenti dolorosi, ma il dato monumentale, storico, politico, etico, è che i mostri necrofori e necrofagi non hanno trionfato. La loro umiliazione, il loro fallimento, se le notizie qui sotto verranno confermate e avranno traduzione operativa, è un incoraggiamento a tutte le resistenze del mondo, dall’America Latina al mondo arabo, dall’Africa all’Asia, da Piazza Syntagma alla Val di Susa. Grazie Libia!
Al netto dei cedimenti francesi, dovuti probabilmente a esaurimento dei mezzi, resta però la determinazione imperialista di appropriarsi della Libia, eliminare dalla scena Cina e Russia, omologare sotto il colonialismo tutto il Medioriente e proseguire con la riconquista dell’Africa. E qui la parola decisiva passa agli Usa che potrebbero, o seguire la Francia per i costi insostenibili alla loro economia in bancarotta, o demenzialmente affidarsi ancora all’illusione che Pentagono e industria bellica possano continuare a fare da motore e ciambella di salvataggio. Farebbe pensare alla seconda opzione quanto detto dal neo-licantropo a capo del Pentagono, Leon Panetta, già stragista Cia (droni dappertutto e assassinii mirati): “Gli alleati, dopo i 90 giorni a cui è stata estesa l’aggressione, saranno a corto di risorse belliche e toccherà agli Usa impadronirsi finalmente della ribalta da protagonista”.
Damasco: manifestazione all’ambasciata Usa
Di contro c’è, però, il nuovo fronte Siria, sul quale gli Usa stanno esercitando un crescente impegno. La Gorgone Hillary (già, “l’angelo” del ”manifesto” ai tempi della corsa presidenziale), con la protervia piratesca tutta sua, ha sentenziato che il presidente siriano Assad è “delegittimato”. Merita lo sghignazzo collettivo del milione e mezzo di siriani che insistono a radunarsi per sostenere la resistenza ai mercenari Nato-Israele spediti da Arabia Saudita, Giordania, Turchia, Fratellanza Musulmana. Merita anche che lo sdegno siriano si eserciti sulle rappresentanze diplomatiche dei colonialisti d’assalto. Violazioni del diritto ben più sostanziali sono state le visite degli ambasciatori di Usa e Francia agli integralisti islamici di Hama, punta di lancia, come in Libia, della revanche colonialista, per concordare la strategia di regime change e di eliminazione dell’altro baluardo antimperialista e antisionista della regione.
manifestazione a Lima, Perù
Forse la mossa francese indica che gli aggressori, constatato che un eventuale sbarco di truppe d’invasione comporterebbe, alla vista della determinazione di tutto un popolo, problemi diplomatici (la risoluzione 1973 non lo prevede, tutti sono contrari), costi eccessivi ed esiti problematici, ripiegano sulla soluzione B: spaccare in due la Libia e accontentarsi della Cirenaica, con Tripoli però ridotta a più miti consigli rispetto ai rapporti con le multinazionali, ai suoi propositi di unificazione e indipendenza africana e di una valuta panafricana legata all’oro. Oppure, infine, è tutta una sciarada per gettare fumo negli occhi a un’opinione pubblica nazionale e internazionale stufa di subire macelleria sociale per finanziare avventure colonialiste dall’esito sempre più incerto. In quel caso ai propositi di dialogo e mediazione (“con Gheddafi nella stanza accanto”, come hanno detto i francesi coprendosi di ridicolo), mirati a tranquillizzare il volgo, potrebbe seguire qualche 11 settembre, o qualche Lockerbie da attribuire a Gheddafi, o un’altro colpo di genio come quello del viagra ai soldati per stuprare bambini, rinfocolando così il consenso di massa all’ ”intervento umanitario”. Stiamo, dunque, cauti. Ma intanto ci possiamo ben permettere di registrare un arretramento oggettivo dei cannibali e dei loro scagnozzi sul terreno.
Grande è il disordine sotto la cupola Nato
Ecco le novità. Sono confermate in Francia, Libia e Russia le notizie secondo cui il regime di Parigi, primo avvoltoio a lanciarsi sulla Libia per punirla dell’emarginazione delle sue società petrolifere e delle infrastrutture,
- riconosciuta l’impossibilità della vittoria su Gheddafi e la stragrande maggioranza di un popolo che sta incondizionatamente con lui e contro traditori e aggressori,
- vista l’inaffidabilità, l’inettitudine, l’incapacità di avanzare, il carattere brigantesco e integralista dei mercenari di Bengasi,
- subita l’onta delle rivelazioni sulle atrocità commesse da questi suoi ascari prezzolati e vendipatria e la smentita di quelle attribuite ai lealisti da parte di Ong e media che, pure, erano stati i primi a inventarsele per giustificare e agevolare l’aggressione,
ha intimato ai lanzichenecchi islamisti-Cia di Bengasi di entrare in trattative con il governo di Tripoli ed ha essa stessa incontrato emissari di Gheddafi. Lo hanno dichiarato i ministri degli Esteri e dell’Offesa, Juppé e Longuet, ventilando una sospensione dei bombardamenti. E, ieri, un popolo in festa ha celebrato a Tripoli, di strada in strada, il primo giorno senza bombe e missili.
Queste ammissioni sono venute dopo che il generale francese Vincent Desportes aveva affermato che, al di là di tutte le loro vanterie di essere avanzati e aver preso centri abitati, i ribelli non sono minimamente in grado di mantenere la promessa di arrivare a Tripoli e che è ora che si prenda in considerazione un compromesso con le autorità libiche. Sommessamente i responsabili francesi hanno eliminato la clausola, ribadita dai ribelli e dai loro padrini Usa, dell’eliminazione fisica o politica di Muammar Gheddafi e del suo allontanamento dal paese, chiedendo solo che si spogli del potere. Ma, come sanno i conoscitori onesti della Libia, Gheddafi da molti anni non è più un’articolazione del potere avendo rinunciato a tutte le cariche istituzionali. E’ la Guida, il padre della patria, il simbolo dell’unità nazionale, l’immagine e lo spirito della nazione, ma non ha alcun incarico di potere o istituzionale, che è invece affidato ai comitati rivoluzionari popolari e, in ultima istanza, al Congresso Nazionale del Popolo della Jamahiriya socialista, che ne delega l’esecuzione al governo.
Tutto questo viene dopo che, a quattro mesi dall’inizio dell’attacco Nato e a cinque dal golpe e dal pogrom dei criminali di Bengasi e di Misurata, la coalizione delle più potenti armate del mondo è stata costretta allo stallo dalla resistenza delle forze armate e del popolo di Libia. Viene dopo la manifestazione del 1. Luglio a Tripoli dove un terzo della popolazione libica ha manifestato per Gheddafi, la resistenza, la sovranità, la sconfitta degli aggressori. Viene dopo che per cinque mesi decine di migliaia di cittadini libici, giovani, donne, anziani hanno fatto giorno e notte gli scudi umani attorno agli edifici di Gheddafi e del governo dimostrando l’incrollabile determinazione dei libici di non cedere ai predatori interni ed esterni. Viene anche dal crescendo di proteste di buona parte del mondo nel quale la banda di aggressori mantiene interessi non trascurabili e che non devono essere messi a repentaglio: Unione Africana con Sudafrica e buona parte degli Stati africani, tutta l’America Latina, i grandi paesi emergenti detti BRICS, con in testa la Russia e la Cina che, avendo in tasca il debito Usa, tiene nel cappio la cricca di Washington.
Viene dopo che gli Stati Uniti, oberati dal più grande debito della storia, 14mila miliardi, pari all’intero PIL, sono con un piede nella fossa della bancarotta, non riescono a racimolare 4mila miliardi per arrivare al giorno dopo perché il Dna della classe che ha spurgato Obama gli impedisce di prelevarli dall’1% e dalle 500 famiglie che detengono il 50% della ricchezza nazionale. Un’opinione pubblica Usa, ridotta al 10% di disoccupazione e al genocidio sociale di quella maggioranza che eufemisticamente è chiamata “classe media”, espressasi al 64% contro la guerra alla Libia (non per scrupolo umanitario o legalitario, ma per orrore delle proprie tasche vuote), e che fra pochi mesi dovrà votare per il presidente, ha messo al confronto il proprio degrado e la propria disperazione, lavoro, pensione, sanità, istruzione, casa perdute, con i 4 trilioni di dollari (4mila miliardi) spesi per distruggere Iraq e Afghanistan, i 400 miliardi spesi nella guerra interna “al terrorismo” (cioè nella creazione di uno Stato di polizia), i quasi mille miliardi di spesa militare “stretta” annuale (superiore a quella di tutti gli altri messi insieme), i nuovi costi della guerra alla Libia (550 milioni di dollari solo nei primi 10 giorni) e delle guerre a bassa intensità (mercenari, droni e missili), contro Yemen e Somalia e i quasi settemila concittadini soldati “ufficialmente” caduti (includendo le morti occultate e i contractor che non si contano, la cifra va decuplicata). E dal confronto è uscito un pensierino niente affatto affettuoso e che si esprimerà alle prossime elezioni presidenziali, con nella memoria anche le centinaia di miliardi sfilati ai contribuenti e regalati ai predatori bancari perché si potessero rimettere all’opera. Analoga riflessione in Francia sta portando quei licantropi gigolò a ritirare gli artigli. Spuntati.
venerdì scorso al Cairo
Guardate qui cosa sanno combinare quelli che dalla canicola estiva non si fanno incenerire la loro primavera. I soliti calcoli alla Brunetta dei capobastone imperiali avevano pensato di rimettersi in pancia l’Egitto esploso contro Mubaraq, mettendo al posto di costui alcuni suoi scherani. Poi i profumi di una democrazia vagheggiata da milionate di egiziani, giovani e donne in testa, che comprendeva giustizia sociale, affanculo la globalizzazione, resistenza a Israele, oltreché liquidazione del fantoccio zannuto, sono stati inquinati dal tanfo di una democrazia all’occidentale, con al posto di quello unico, un gruppazzo di burattini con le stellette e la disponibilità a menare, e alla consolle multinazionali e Pentagono. Hanno sopravalutato il ruolo mistificatore e normalizzatore dell’agenzia Cia locale, Fratellanza Musulmana, e hanno, come sempre, sottovalutato la coscienza e la determinazione di chi dal retro s’era tolto una mazza chiodata e non per farsela sostituire da un manico di scopa. Che bello sarebbe se una parte dei combattenti di Piazza Tahrir andasse a fare un po’ di pulizia anche a Bengasi. Da Piazza Tahrir del Cairo a Piazza Verde di Tripoli c’è un filo. Ed è rosso.
Da noi, o minestra o finestra. E tutti pronti col cucchiaio.
E l’Italia. Quest’Italia ora investita dall’uragano della speculazione, all’orlo del default, con il debito che supera di un terzo del PIL, ma che si diletta a svenarsi per giocare ai soldatini di piombo che fanno fuori i selvaggi. Quello che ci viene scagliato addosso in questi giorni di mattanza euro-draghiano-tremontiana è puro terrorismo mediatico-finanziario. Il via viene dato dalle agenzie di rating che danno della spazzatura ai titoli dei paesi che poi l’FMI s’incericherà di ridurre in spazzatura. Sono le discariche di spazzatura che, da loro, miracolosamente si trasforma in oro, esattamente come succede a Napoli con i cugini della criminalità organizzata non ufficiale. Questi 11 settembre finanziari servono a farci trangugiare il più massiccio trasferimento di ricchezza dal basso verso il cucuzzolo della combine sinistra-destra.
E’ il solito trucco delle ombre cinesi: si minaccia l’apocalisse generale, la Grecia e peggio, eminentemente per impedire che qualcuno possa dubitare dell’irrimediabile necessità di ingropparsi una finanziaria che lascerà tutti nudi come vermi nel mezzo di uno sconfinato deserto ambientale e sociale.Tutti, meno quelli che i soldi delle nostre pensioni, dei nostri risparmi, dei nostri ospedali e scuole, li investono in portaerei, F-35, missili Cruise e Tav e spille d’oro per mignotte. Ombre cinesi che poi diventeranno terminator in carne e ossa quando, fra due anni, al gemello scemo di Berlusconi, quello che però si lava e si arrotola le maniche alla operaio, toccherà far sbranare dai sempre identici mandanti quanto della società ancora ha sussulti di vita. Imbecilli come sempre, i consociativisti di seconda fila, scaturiti dal partito di Togliatti, Berlinguer e Rossanda, concorrono famelici all’unità nazionale, che si chiami “governo tecnico” o “d’emergenza”. Imbecilli fino a un certo punto. Pensate alla mosca cocchiera delle bicamere di compensazione, Massimo D’Alema. Giustamente definito un arrogante stupido alla luce dei suoi ininterrotti fallimenti nei tentativi di commistione con Berlusconi, ma che probabilmente tanto fallito non è se lo si guarda sotto il panciotto, dove custodisce triangoli, compassi e grembiulini e ordini di servizio Cia. Il discorso vale per tutta la loggia dei Fassino, Veltroni, Bersani, Napolitano, Vendola… il bel lascito di quello che qualcuno insiste a definire il “Glorioso Partito Comunista Italiano”, quello che fu decisivo nel criminalizzare e sopprimere l’unico momento eversivo e rivoluzionario – ’68-’77 – della storia repubblicana (caro Davide, ci deve essere pure stato qualche carcinoma dormiente tra i vertici di quel partito, fin da Salerno, alla faccia dei milioni di militanti ed elettori che ci credevano e si dannavano l’anima e il corpo.. Se non lo riconosciamo non riusciremo mai a liberarci delle scorie e fare qualcosa di valido e nuovo).
Un’ideuzza semplice semplice contro il vampirismo speculativo sarebbe quella di tassare un pochino le transazioni finanziarie. O espropriare qualcuno dei congiunti mafiosi, o strizzare qualche megagalattico evasore, mettendo questa gente alla ruota della macina al posto dello sfiancato somaro. O smetterla di obesizzare quelli degli armamenti e delle centrali nucelari che gli regalano le scorie da usare ai sensi di Maltus. Ma non si può. Chi farebbe funzionare il Truman Show? Chi quella gabbia di criceti bipolari nella quale quegli animaletti impazziti suscitano ilarità e spasso tra chi li osserva correre in giro all’infinito rimanendo sempre fermi?
Cosa pensano gli italiani (al 74% contrari all’aggressione alla Libia, a dispetto dei Napolitano, La Russa e Bersani con il pugnale tra i denti, il gagliardetto sopra la testa e cotale vicinanza al comune sentire dei loro elettori ) quando intravvedono dietro agli occhiali opacizzati dai loro leader e giornali lo spudorato bagliore di 12 tra Eurofighter, Tornado e F-16 che defecano missili da 250mila euro l’uno sulla gente a Tripoli, i barbagli di portaerei, corrazzate, navi appoggio, lanciamissili, mezzi da sbarco inseriti nel blocco navale Nato finalizzato a far morire di fame, oltreché di bombe all’uranio, 6 milioni di libici (salvo quelli che, con i tre milioni di lavoratori saheliani già ospitati in Libia, si rovesceranno su Lampedusa). Quando si cacceranno in testa che non trovano lavoro, asili nido, insegnanti, medici e cure, case e viveri, perché Napolitano e la Russa preferiscono pagare l’onore di reggere lo strascico a Usa e Israele con 100 milioni al mese (e siamo a 500) per la riconquista di briciole libiche e un milione per soldato ogni anno in Afghanistan (dove ce ne sono 4000 a 4.500 euro al mese), senza calcolare le altre missioni che ci riempiono di orgoglio e di cadaveri e che, diversamente dalla miserella Germania che si tira fuori, garantiscono il nostro ruolo nella comunità internazionale, come assicura il custode delle violazioni della Costituzione? E, incidentalmente, non vogliamo fare unastanding ovation ai Taliban che riescono a colpire quando e come vogliono e addirittura al cuore del regime fantoccio, dove hanno liquidato, nel fratello del “presidente”, il fiduciario del narcotraffico Usa?
E’ comunque una gran fortuna per il nostro paese avere lo stellone. Lo stellone vero. Quello di una sinistra che, basandosi sulla sua storica e scientifica analisi di classe, dell’imperialismo fase suprema del capitalismo, sul diritto dei popoli alla propria sovranità e alla resistenza con tutti i mezzi, memore di tutti i crimini stereotipatamente ripetuti dall’Occidente nelle sue guerre sociali e coloniali, nella scia di una tradizione millenaria, e basandosi anche sulla consapevolezza dei veri sentimenti di pace e di giustizia del suo popolo, fin dal primo momento ha saputo indicare la retta via per uscire economicamente, politicamente ed eticamente indenni dal conflitto. Come? Individuando negli Scilipoti di Bengasi e nei loro peones monarchico-fondamentalisti i “giovani rivoluzionari” del riscatto libico dalla 42ennale dittatura sanguinaria di Gheddafi che, procedendo in democrazia partecipativa, ha relegato l’Indice ONU di Sviluppo Umano della Libia, paese più povero del mondo dopo la dipartita di italiani e britannici, al primo posto continentale. Peones dello stampo dei nostri “Responsabili”, ma qui necessitati al terrorismo più sanguinario, ovviamente solo per reagire agli sterminii gheddafiani, ma anche un po’ per non deludere i docenti Cia-Mossad dei corsi Abu Ghraib e Guantanamo,Torri Gemelle, Metrò di Londra e Treno di Madrid. Peones meschinelli e pochini che, per restare in piedi, hanno dovuto invocare l’intervento dei noti pacificatori e democratofori Usa-Nato-Saudia-Israele, più Rossanda.
Non facendo, questa “sinistra”, nessuna distinzione, di sapore razzista ed escludente, tra chi al Cairo, a Tunisi, in Bahrein e in Yemen sollevava il capo dalle ceneri della propria combustione sociale e culturale e veniva decapitato senza alcun soccorso “umanitario” della comunità internazionale e del suo pitbull da combattimento TPI, e quanti a Bengasi scorticavano vivi tutti gli operai neri e facevano pulizia etnica dei concittadini non commoventemente monarchici, non fieramente jihadisti, non modernamente neoliberisti, non atlanticamente democratici. Tutta gentaglia, questa, controrivoluzionaria che, diversamente dalle 50mila famiglie sottrattesi all’aurora rivoluzionaria neoliberista-islamista, fuggendo da Bengasi nella notte, si può anche capire che abbiano dovuto essere abbrustoliti e appesi ai ponti dai “giovani rivoluzionari”.
Una “sinistra” giunta a vertici sublimi di solidarietà internazionalista nei fatti, mica nelle chiacchiere, con l’appello della veneranda maestra Rossanda Rossanda – congiunto alle sacrosante bastonate ai suoi giornalisti che si erano fatti abbindolare dalle pailettes del “cane pazzo” – a formare, in appoggio ai “giovani rivoluzionari” di Bengasi, “brigate internazionali” sul modello di quelle di Spagna. Nientemeno. Quando una ha l’impeto internazionalista nel sangue. Da quella uscita, che meriterebbe la stessa qualifica che Calderoli dette alla sua legge elettorale, ho incessantemente teso l’orecchio verso gli scintillanti boulevard della Ville Lumiere, per cogliere un qualche fiato di resipiscenza che l’onestà intellettuale della veneranda maestra e la sua ineguagliata perspicacia sicuramente avrebbe espettorato. Non ho udito niente. Ma un tanfo di presunzione e abissale ignoranza da quella direzione ha circonfuso i miei gerani. Che subito sono avvizziti. Chissà da dove soffiava.
Ma Rossanda non è sola. E da mo’ che il suo giornale (Pintor ne abbia pietà) ha appaltato a fiduciari delle lobby imperiali l’intera sua pagina estera. Con il famigerato Liberti e il suo patto di sangue con i “giovani rivoluzionari di Bengasi”, Marina Forti e Giuliana Sgrena che mimetizzano sotto il velo della loro guerra al velo il sostanziale supporto a quelli che portano democrazia sotto forma di stragi di civili, narcotraffico, ladrocinio di Stato, devastazione culturale e corrotti despoti locali, Irene Panozzo e Emanuele Giordana della binettiana “Lettera 22”, che imperversano tra Africa e Asia, fedeli agli ordini di servizio imperiali, non sapendo nulla di occupazione e atrocità Nato, ma sapendo tutto sull’oscurantismo taleban, con la Panozzo che dal Sud-Sudan, recentemente strappato all’unità nazionale, essuda festante eccitazione per l’indipendenza conquistata, senza sprecare una parola su chi, da 60 anni, ha brigato per quella frantumazione (e ora ci prova col Darfur): Usa, Israele, Ue e Vaticano. Ottimo giornalismo.
L’ultima arrivata tra questa lobby delle salmerie Nato, tale Miriam Giannantina da Damasco, è ottima allieva della scuola delle Forti e Sgrene: i paginoni di cui la onora la davvero modesta direttrice Rangeri, sono stupefacenti per equilibrio di fonti: tutte di attivisti, dirittoumanisti, oppositori, rigorosamente anonimi. A meno che non si tratti di intervista a personaggio che si può permettere di diffamare il governo legittimo, in quanto membro eccellente dell’internazionale dei “diritti umani”. Tipo l’impeccabile Amnesty International che si è precipitata a sostenere le ragioni di Hillary quando ha condannato i “massacrI di Assad”, preteso la sua delegittimazione e, implicitamente, avallato il solito “intervento umanitario”. Una ripetizione del modulo Libia che più scoperta e grossolana non si può. Per Amnesty e la compare Human Rights Watch c’è sempre tempo per uscirsene con la smentita delle balle diffuse, come in Libia, quando ormai anche qualche giornalista è riuscito a sputtanarle e, comunque, i giochi sono fatti e la Libia spaccata butta sangue.
Nelle paginate dalla Siria di questa Giannantina da espulsione dall’Ordine, neanche col microscopio riuscireste a trovare una qualche notizia sulle bande armate che, penetrate da fuori e istruite dagli ambasciatori Nato, trucidano civili e poliziotti nel nome della Sharia e della Nato, né, tantomeno, qualche accenno di analisi su chi potrebbe avere un interesse a smantellare quel paese ostinatamente laico, ostinatamente renitente al furto del Golan, ostinatamente accanto ai palestinesi e libanesi migliori e ostinatamente a fianco del Grande Satana Iran. E’ il giornalismo di una sinistra moderna.
Coerenza napolitana
L’ Operazione Barbarossa (l’invasione nazista dell’URSS) civilizza i popoli slavi: dato che il nostro “sicuro Alleato è lanciato alla conquista della Russia” vi è la necessità assoluta di “un corpo di spedizione italiano per affiancare il titanico sforzo bellico tedesco”, allo scopo di “far prevalere i valori della Civiltà e dei popoli d’ Occidente sulla barbarie dei territori orientali”.
Giorgio Napolitano – “BO’”, Luglio 1941, giorn. univ. del GUF di Padova
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Se vi prendete la briga di andare sul sito di Alternativa Comunista, quattro pseudo trotzkisti di Cremona scissi da Ferrando, capirete tono e contenuto di questa mia invettiva.
Mi dispiace, perchè tra voi ho alcuni vecchi amici, ma quello che state scrivendo su Libia e Siria (Mastrogiulio) è talmente demenziale, arrogante, ignorante e ingiurioso per qualsiasi comunista, oltre che per la maggioranza dei libici e siriani che resistono all’assalto Nato e ai suoi briganti mercenari, da farvi apparire o spie, che non siete, o cretini totali. Ma com’è possibile una tale presunzione? Come è possibile che voi, che non avete mai messo becco in Libia, ripetiate pedissequamente, senza la minima nozione di classe, le infami menzogne elaborate dalle centrali della disinformazione dell’imperialismo bellico? Trotzky vi rinnegherebbe come la peggiore delle malformazioni delle sue idee. Sono decenni che frequento il Medioriente, sono centinaia le smentite e le prove delle falsità e voi vi schierate con chi invoca il mostro necroforo Nato, massacrando nel contempo centinaia di lavoratori neri, fatti passare per mercenari, venuti in due milioni in Libia per le ottime condizioni offerte (i lager sono un’invenzione di Maroni e Rossanda), che massacra il loro popolo! Non li avete visti, almeno in internet, il milione e 700mila che il venerdì hanno manifestato a Tripoli per Gheddafi e contro l’imperialismo. Tutti pagati o terrorizzati? Quante idiozie: Gheddafi fantoccio dell’imperialismo! E l’imperialismo lo fa fuori! L’imperialismo ha odiato Gheddafi da quando sosteneva tutti i movimenti di liberazione, lottava contro satrapi e fantocci per l’unità araba e africana, perchè nei contratti privilegiava gli interessi della Libia, perchè rifiutava la globalizzazione e le privatizzazioni concordate da infiltrati con le multinazionali (costoro si sono subito messi a capo della “rivolta” di Tripoli, finanziata e armata dal monarca del Qatar).
Non avete il minimo rigurgito a trangugiare il veleno mediatico imperialista, ne siete, nella vostra inutilità, un grottesco puntello. Di masse, nella vostra microtorre d’avorio, non sapete niente e le disprezzate. Ne sanno infinitamente di più quelli che, dall’alto della vostra impotenza e accidia, disprezzate, Fidel, Chavez.Eravate in agonia cronica. Ora, palesemente assurdi come siete, non servite neppure a sostegno delle atrocità di imperialisti e ascari. Vedrete che bella Libia, che bella Africa, che bel Medioriente, una volta spazzati via Gheddafi e Assad e affidato i regimi ai vari fratelli musulmani e infiltrati neoliberisti al servizio dell’imperialismo. Siete morti.
L’Unica Democrazia del Medioriente, l’esercito più morale del mondo
Shani Sivilya, una per tutte
Una guardia di frontiera donna ammette di aver abusato di un minore palestinese
Umm al-Fahem – Ynet, Safa. Un tribunale israeliano di al-Quds (Gerusalemme) ha emesso ieri pomeriggio un notizia di reato nei confronti di una guardia di frontiera israeliana donna, accusata di aver abusato e torturato un minore palestinese. Ancora, non è stata decisa nessuna condanna.
Shani Sivilya ha ammesso di aver compiuto il fatto nei pressi di un checkpoint: “L’ho picchiato, poi gli ho puntato al capo un’arma scarica minacciando di premere il grilletto mentre gli urlavo contro ‘morte agli arabi’”.
L’azione sarebbe stata condotta con l’aiuto di un altro ufficiale, Zion Benishti, e si sarebbe protratta per ore mentre trasportavano il minore su un’auto verso una stazione di polizia.
“Gli arabi sono tutti prostitute”, continuava a infierire sul minore terrorizzato Silvilya.
Canale 10 della Tv israeliana ha riportato la notizia aggiungendo i commenti del tribunale: “La condanna serva da lezione per prevenire comportamenti e atti di razzismo”.
Il bambino palestinese fu arrestato nel marzo 2010 dalle guardie di frontiera israeliane e, portato in una stazione di polizia, fu molestato dai soldati israeliani. Contro il minore gli ufficiali israeliani sollevarono minacce di morte, anche con l’uso di armi, e lo maltrattarono mentre lo tenevano con il capo coperto con un sacchetto nero di plastica.
Per l’esercito israeliano queste sono sentenze puramente simboliche. Proprio da qui partono gli ordini di tortura e maltrattamenti su palestinesi, ovunque ci sia un contatto con essi: ai posti di blocco, per le strade, nel corso di operazioni mirate.
(Nella foto: Shani Sivilya).
Fonte: InfoPal
Articolo di Fulvio Grimaldi Fonte:http://www.blog.art17.it/2011/07/17/fu-vera-gloria/
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