Di Vanessa Tomassini.
Il Consiglio sociale della tribù Gheddafi (o Qaddafha) ha emesso un
comunicato l’11 gennaio 2020 indirizzato al Governo di Accordo
Nazionale, con base a Tripoli, con cui chiede alle autorità libiche di
rispettare i giudizi e gli accordi intercorsi per il rilascio dei propri
giovani detenuti nelle prigioni di Tripoli. “Possa Dio onnipotente
testimoniare la nostra sincerità nel momento in cui affermiamo la nostra
fiducia nell’integrità della magistratura libica, nonostante tutto ciò
che è accaduto e sta accadendo, nonchè la nostra dipendenza dalla
magistratura per accertare la verità, in particolare per quanto
riguarda i casi dei detenuti che erano stati arrestati, sullo sfondo
degli eventi del 2011. Grazie a Dio non siamo rimasti delusi da questa
istituzione”.
Afferma il documento, aggiungendo che “il patriottismo è stato
puntuale e aderisce ai principi di giustizia, nonostante tutti gli
ostacoli che assediano le autorità, compresa la divisione e l’amara
sofferenza con le milizie, oltre alle interferenze esterne nella
questione relativa a quanto sta accadendo. Il Consiglio Sociale della
tribù Gaddafa ha deciso di procedere con l’approccio legale. Il
Consiglio sociale si è affidato a notabili e specialisti, per seguire i
casi delle persone estranee ai fatti con le autorità competenti, in
coordinamento con i consigli sociali delle tribù che li hanno detenuti.
Abbiamo chiaramente sentito l’onestà nel trattare con noi dalla maggior
parte degli organismi del Governo della Riconciliazione, oltre al
rispetto e all’apprezzamento. Ciò ha comportato la risoluzione di molti
casi e il rilascio di molti detenuti”.
Come anticipato da Speciale Libia,
la dichiarazione conferma che “il più recente di questi sforzi è stato
l’incontro tra il Consiglio sociale e il Ministro degli Interni, il cui
obiettivo principale era discutere il fascicolo della tribù Gaddafa”. Il
Consiglio aggiunge che “tuttavia, non abbiamo trovato una spiegazione
convincente o una giustificazione legale per quanto segue: primo, la
continua ingiusta detenzione del cittadino Saadi Muammar Gheddafi, la
cui vita era nelle mani della milizia degli imam, che lo detiene
arbitrariamente dopo la sentenza d’innocenza del tribunale emessa il 2
febbraio 2018, specialmente dopo che è stato recentemente trasferito
dalla sua prigione della milizia della forza deterrente del Ministero
degli Interni, secondo quanto riferito personalmente dal ministro degli
Interni durante la riunione”.
“Secondo – prosegue, il Consiglio non ha trovato spiegazione per –
l’incapacità di rilasciare Naji Harir al-Gheddafi, così come i suoi
compagni coinvolti nello stesso caso. Terzo, perchè non rilasciare il
cittadino Saad Masoud al-Gheddafi, nonostante l’emissione di una
sentenza del tribunale di assoluzione su di lui, e completate tutte le
procedure legali ad esso correlate. Quarto, la continua detenzione e
ritardo nel contenzioso riguardante i cittadini Ahmed Mohamed Ibrahim
Gheddafi, Mansour Daw Ibrahim Al-Gheddafi, Walid Abdel-Qader Denon
Al-Gheddafi, Attia Mujahid Faraj Al-Gheddafi”. Il Consiglio sociale dei
Gheddafi non comprende i perchè di questi ritardi visto e considerato
che la Corte Suprema ha deciso di accogliere i ricorsi contro le
sentenze emesse, “che sono state riesaminate di nuovo e alla luce delle
circostanze anormali in cui sono state condotte, le indagini, le
torture, le accuse maligne e le confessioni ottenute con la forza, ha
rivelato che alcun crimine era stato commesso”.
Il Consiglio conclude invitando “tutte le autorità competenti del
Governo di Al-Wefaq a desistere dalla politica di discriminazione
praticata contro di noi, a rispettare i giudizi e ad agire di
conseguenza. A liberare i nostri figli innocenti o a informarci sulle
reali ragioni alla base della loro continuata ingiusta detenzione, in
violazione delle disposizioni di legge”. Il Consiglio tribale ricorda
alle autorità del Governo di Accordo Nazionale, guidato dal premier
Fayez al-Serraj, che le sue autorità competenti “hanno la responsabilità
di eventuali danni nei loro confronti, nelle circostanze dell’attuale
guerra”.
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