19 marzo 2014 di mcc43
La vicenda della nave Morning Glory si è conclusa con l’intervento delle forze americane della base di Sigonella, quel pezzo di Italia a “sovranità limitata“.
“Un’operazione in alto mare. Una manovra condotta da un team dei Navy Seals americani per “riconquistare” la petroliera trafugata da miliziani della Cirenaica che ne volevano vedere il carico.”
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Così inizia Guido Olimpio sul Corriere della Sera il racconto dell’azione, alla John Wayne del mare, decisa Obama. Un blitz il cui significato trascende il caso della petroliera fuggitiva e ribadisce, ufficiosamente ma con grande evidenza, che la sovranità nazionale della Libia è limitata. Lo stay behind durante il conflitto continua a evolversi in persistente vigilanza attiva. Questa volta l’intervento cade in una fase politicamente molto critica, dopo la precipitosa sortita dello sfiduciato Ali Zeidan e la nomina di un primo ministro ad interim dalla personalità politica opaca come Abdullah Al-Thinni. L’impossibilità dei membri del Congresso di accordarsi su un nome nuovo alla guida del governo, e le persistenti diatribe sulla legalità del voto di sfiducia a Zeidan, stanno orientando larga parte dei congressisti verso la conferma di Al-Thinni fino alle elezioni, scrive Libya Herald. Il colpo di freno alle pretese della Cirenaica sulle transazioni petrolifere impresso dagli americani dà a Tripoli e al rissoso Congresso un minimo di respiro… condizionato.
Intanto il comandante federalista del terminal petrolifero, Ibrahim Jadhran, si è rivolto alla Lega Araba definendo il sequestro americano del petrolio – proprietà della Cirenaica – un furto.
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“Alle 22 di domenica sera, ora di Washington, il presidente Obama ha autorizzato il Pentagono ad agire. E l’apparato, preparato per tempo, si è messo in moto. In poche ore i commandos della Marina, usando la nave militare “Roosevelt” come punto d’appoggio, hanno abbordato la “Morning Glory” al largo di Cipro e hanno neutralizzato i “pirati”.
L’intera storia, con aspetti ancora da chiarire, è iniziata una settimana fa. La petroliera, ufficialmente nord coreana anche se il regime ne ha disconosciuto la proprietà, è arrivata al terminal di Es Sider (Golfo della Sirte) per imbarcare un carico da 38 milioni di dollari. A fornire il greggio la formazione separatista della Cirenaica guidata dall’ambizioso Ibrahim al Jathran insieme al “primo ministro” Abdo Rabbo Al Barassi. Il gruppo voleva infatti piazzare il petrolio sul mercato internazionale come forma di autofinanziamento. Un modo per unire gli interessi con i progetti autonomisti. Il governo di Tripoli ha provato a reagire alla sfida. Il premier Alì Zindani ha minacciato di colpire la “Morning Glory”, ha inviato alcuni pescherecci armati di mitragliere. Tutto inutile. La petroliera ha preso il largo e la crisi ha travolto il capo del governo. Zindani è stato sfiduciato dal Parlamento. Un voto che ha certificato la debolezza e l’incapacità delle autorità, costantemente minacciate dal contro-potere delle milizie.
Mollati gli ormeggi, la nave si è diretta in acque internazionali ed ha poi “piegato” verso il Mediterraneo orientale. Movimenti seguiti con attenzione dalle forze statunitensi nella regione. Droni, velivoli da ricognizione e navi. Un apparato che ha nella base di Sigonella, in Sicilia, il suo perno principale. Domenica sera è arrivato l’ordine della Casa Bianca. E per i Navy Seals la missione si è rivelata agevole. I marinai-pirati a bordo della petroliera non hanno opposto alcuna resistenza.
Con il blitz gli Usa hanno confermato la disponibilità a interventi mirati quanto ridotti in Libia per neutralizzare possibili minacce e aiutare, se ci sono le condizioni, il traballante governo. Già in passato gli uomini della Delta Force hanno agito a Tripoli per catturare l’ex qaedista Abu Anas al Libi. Operazioni affidate ai “muscoli” delle Special Forces nel quadro della strategia di guerra segreta (o quasi)adottata da Obama in alcuni scacchieri. Un piano che avrebbe portato anche a schierare piccoli nuclei di unità scelte nella zona sud del paese e nella vicina Tunisia.
La notizia dell’abbordaggio ha innescato la reazione dei secessionisti a Bengasi. Fonti vicine a al Jathran hanno parlato di “tradimento” da parte degli Stati Uniti denunciando l’incursione di “un paese capitalista”. Parole peraltro subito oscurato da un altro episodio drammatico. Copiando tecniche irachene, terroristi hanno preso di mira l’accademia militare a Bengasi e un ufficio petrolifero. Almeno dieci le vittime per l’esplosione di una coppia di autobombe. Presto per dire se esista un legame con la vicenda della petroliera, anche perché nell’Est della Libia i motivi di tensione sono molti.
Bengasi, da tempo, fa da teatro ad una lunga serie di omicidi e attacchi. Spesso gli obiettivi sono ufficiali o membri di apparati di sicurezza. Inoltre non sono mancati gli agguati contro cittadini occidentali. Attentati attribuiti a componenti estremiste in netta crescita. Ma anche i “radicali” hanno sostenuto di essere al centro di una campagna di eliminazione. Notizie difficili da verificare raccontano di una dozzina di esponenti del gruppo Ansar al Sharia che sarebbero scomparsi in circostanze misteriose dalle vie di Bengasi.
@guidoolimpio
Fonte: http://mcc43.wordpress.com/2014/03/19/da-sigonella-il-blitz-usa-petrolio-cirenaica/
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