Facciamo un po’ di chiarezza su quanto sta accadendo in Africa e
su cosa spinge le attuali migrazioni di massa. L’Onu tra le cause
indica genericamente “le grandi e persistenti asimmetrie economiche e demografiche.”
Se sovrapponiamo la cartina politica con quella del debito del continente africano emerge come siano spesso proprio i Paesi di maggiore emigrazione quelli con un debito pubblico tra i più bassi. In generale il debito pubblico medio dell’Africa subshariana si attesta a livelli medi molto bassi in termini percentuali rispetto ai Paesi ad economia avanzata. Ciò a causa di misure di austerity che sono state introdotte in Africa e in tutto il Terzo Mondo a seguito della crisi del debito del 1982.
Da allora, attraverso i cosiddetti Piani di Aggiustamento Strutturale, sono state attuate politiche economiche orientate alla totale apertura al libero scambio, senza nessun riguardo per lo sviluppo dell’industria locale, e ai dogmi del neoliberismo: lotta all’inflazione, al debito pubblico, tagli alla spesa pubblica e ai già carenti servizi statali. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale hanno fatto in Africa quello che la Troika ha fatto in Grecia, ma nel silenzio dell’opinione pubblica mondiale, cui è stata propinata una narrazione irreale basata sullo pseudo umanitarismo delle Ong e delle istituzioni internazionali.
In realtà, attraverso la concessione di prestiti per il risanamento del debito, l’Africa è entrata nel vicolo cieco del rimborso degli interessi, che superano l’ammontare del debito originario: si calcola che per ogni dollaro prestato ne siano stati restituiti tredici! Questa spirale perversa, la stessa che oggi opera nelle nostre economie, se da una parte ha arricchito l’élite locale e la nuova borghesia, dirette rappresentanti degli interessi esteri, dall’altra ha aumentato il tasso di disuguaglianza (in Nigeria è tra i più alti al mondo) e il livello di povertà della popolazione, cui non rimane che espatriare. La stessa situazione che, con alcuni anni di ritardo, sta vivendo l’Europa attraverso la strumentalizzazione del debito pubblico e la privazione della sovranità monetaria (ed economica) degli Stati. Finiremo dunque come l’Africa?
Probabile, visto che già i nostri giovani sono sempre più costretti a emigrare per cercare lavoro. Ma per loro non c’è nessun business dell’accoglienza nei Paesi di destinazione. Al di là dei luoghi comuni e delle posizioni aprioristiche, analizzare in termini oggettivi e in chiave economica l’attuale fenomeno migratorio ci aiuta a comprendere quali soluzioni attuare, o almeno quali evitare.
(Approfondisci su “I Coloni dell’austerity. Africa, neoliberismo e migrazioni di massa”).
Se sovrapponiamo la cartina politica con quella del debito del continente africano emerge come siano spesso proprio i Paesi di maggiore emigrazione quelli con un debito pubblico tra i più bassi. In generale il debito pubblico medio dell’Africa subshariana si attesta a livelli medi molto bassi in termini percentuali rispetto ai Paesi ad economia avanzata. Ciò a causa di misure di austerity che sono state introdotte in Africa e in tutto il Terzo Mondo a seguito della crisi del debito del 1982.
Da allora, attraverso i cosiddetti Piani di Aggiustamento Strutturale, sono state attuate politiche economiche orientate alla totale apertura al libero scambio, senza nessun riguardo per lo sviluppo dell’industria locale, e ai dogmi del neoliberismo: lotta all’inflazione, al debito pubblico, tagli alla spesa pubblica e ai già carenti servizi statali. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale hanno fatto in Africa quello che la Troika ha fatto in Grecia, ma nel silenzio dell’opinione pubblica mondiale, cui è stata propinata una narrazione irreale basata sullo pseudo umanitarismo delle Ong e delle istituzioni internazionali.
In realtà, attraverso la concessione di prestiti per il risanamento del debito, l’Africa è entrata nel vicolo cieco del rimborso degli interessi, che superano l’ammontare del debito originario: si calcola che per ogni dollaro prestato ne siano stati restituiti tredici! Questa spirale perversa, la stessa che oggi opera nelle nostre economie, se da una parte ha arricchito l’élite locale e la nuova borghesia, dirette rappresentanti degli interessi esteri, dall’altra ha aumentato il tasso di disuguaglianza (in Nigeria è tra i più alti al mondo) e il livello di povertà della popolazione, cui non rimane che espatriare. La stessa situazione che, con alcuni anni di ritardo, sta vivendo l’Europa attraverso la strumentalizzazione del debito pubblico e la privazione della sovranità monetaria (ed economica) degli Stati. Finiremo dunque come l’Africa?
Probabile, visto che già i nostri giovani sono sempre più costretti a emigrare per cercare lavoro. Ma per loro non c’è nessun business dell’accoglienza nei Paesi di destinazione. Al di là dei luoghi comuni e delle posizioni aprioristiche, analizzare in termini oggettivi e in chiave economica l’attuale fenomeno migratorio ci aiuta a comprendere quali soluzioni attuare, o almeno quali evitare.
(Approfondisci su “I Coloni dell’austerity. Africa, neoliberismo e migrazioni di massa”).
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