di Mario Platero 23 agosto 2014
Il futuro: a Doha nel 2022 dovrebbe giocarsi la Coppa del Mondo di calcio. Il presente: a Doha nel 2014 si finanzia Hamas, vi sono stati sospetti di aiuti all'Isis e interferenze fino alla rottura nel negoziato fra israeliani e palestinesi in Egitto.
In questa gravissima crisi in Medio Oriente, il Qatar, stato ricchissimo e piccolissimo del Golfo, non aiuta. Il gap fra l'accogliere una manifestazione pacifica come la Coppa del Mondo e alimentare differenze e acrimonie in Medio Oriente è forte e andrà risolto al più presto. Anche perché il tradizionale contrasto che da sempre esprime il Qatar fra manifestazioni di apertura e di chiusura è persino cresciuto sotto la leadership dell'emiro Tamin Bin Hamad Al Thani.
Doha gioca con abile disinvoltura su due tavoli, quello dell'estremismo sunnita rappresentato dalla Fratellanza islamica e da Hamas, da cui nascono anche Osama bin Laden e oggi l'Isis, e quello dell'alleanza con gli Usa con la copertura dei costi della base aerea americana di Al Udeid, la più grande all'estero, da cui sono partite le missioni in Iraq e in Afghanistan. Il caso Qatar diventa così emblematico della complessità della situazione in Medio Oriente e di quel groviglio di interessi contrastanti, primo fra tutti quello religioso.
Doha ha chiuso un contratto con il Pentagono per l'acquisto di 11 miliardi di dollari per forniture militari. Ma lo stesso Qatar ha aiutato i ribelli del Mali guastando i rapporti con la Francia, dove l'emiro spesso assiste alle partite della squadra di sua proprietà, il Paris St. Germain. Le denunce più sorprendenti sono state quelle del ministro per lo sviluppo tedesco Gerd Müller che ha accusato il Qatar di aver finanziato l'Isis. Il Qatar ha smentito duramente e la Germania ha preso le distanze dal suo ministro. L'altra accusa è giunta dai vertici dell'Autorità palestinese. I negoziati al Cairo con Israele andavano avanti ma è stato il Qatar ad aver incoraggiato Hamas a rompere. Doha smentisce, anche attraverso la sua rete al Jazeera, ma le accuse sono circostanziate, chiarissime le giustificazioni politiche.
Forse la storia si ripete. Doha ha rapporti antichi con la Fratellanza. Ha ospitato suoi esponenti quando erano al bando in altri Paesi arabi, soprattutto dall'Egitto. Le tribù del Qatar hanno sposato alcune interpretazioni del Corano della Fratellanza alimentando differenze con l'Arabia Saudita. Poi, dopo la primavera araba, la Fratellanza è andata al potere al Cairo e ha ricevuto ogni appoggio possibile dal Qatar. Entrambi hanno aperto ad Hamas che ha ricevuto importanti finanziamenti. Fino a quando il generale Abdul Fattah Al Sisi non ha preso il potere, dichiarato illegale la Fratellanza islamica, giustiziato alcune centinaia di esponenti e chiuso ogni rapporto con Hamas.
Il quadro è chiaro abbastanza per farci capire che se Hamas rompe il negoziato al Cairo introducendo richieste nuove dopo un incontro con esponenti del Qatar non lo fa nell'interesse del popolo palestinese ma di vecchie battaglie interne al mondo arabo e a quello islamico. Conti da pagare, vendette da sistemare, problemi irrisolti fra le molte fazioni dell'Islam ormai ramificate in grovigli ancora meno decifrabili dopo le "primavere".
Il Qatar ha un problema con l'Iran che rappresenta il "nemico" sciita, ma ha anche con l'Arabia Saudita. L'ironia è che, per vie diverse con i sauditi, ha appoggiato i ribelli anti sciiti in Siria. Erano davvero tutti dell'Isis? Forse no.
Ma il denaro, le armi, i progetti sono fungibili. E In tutto questo occorre dire che il peccato originale l'ha creato l'America: ha aperto all'Iran irritando Arabia Saudita e Qatar, ha chiuso un occhio quando ci fu il colpo di Stato al Cairo e continua a vendere armi come se nulla fosse al Qatar che aiuta un'organizzazione come Hamas bollata come terroristica dal dipartimento di Stato. E dunque, in mancanza di risultati occorre che gli Stati Uniti facciano la voce grossa in primis con il Qatar. Elliott Abrams, esperto di Medio Oriente che lavorò con due amministrazioni, quelle di Reagan e di Bush senior, suggerisce di minacciare il Qatar con il trasferimento della base aerea americana. A Doha sarebbero terrorizzati dall'idea di perdere la loro garanzia contro l'Iran. Ma forse con l'emiro sarà più efficace la minaccia di trasferire i mondiali.
Preso da:http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-08-23/l-ambiguo-ruolo-qatar-081128.shtml?uuid=
Nessun commento:
Posta un commento