Densità di popolazione nelle diverse regioni del mondo. (Fonte UNEP – United Nations Environment Programme)
Uno studio pubblicato su PNAS mostra l’inutilità delle politiche di riduzione demografica.
L’unica soluzione è lo sviluppo tecnologico e sociale.
Se davvero un problema di sovrappopolazione esistesse, questo dovrebbe riguardare l’estremo Oriente e l’Europa, è quanto si evince dalla mappa della distribuzione della popolazione mondiale diffusa dall’ONU. Eppure le politiche ONU e quelle di tutti i paesi industrializzati puntano ad una riduzione demografica proprio in quelle regioni che risultano meno popolate, come ad esempio l’Africa. Come abbiamo segnalato più volte non esiste una correlazione tra sovrappopolazione e sottosviluppo, per verificarlo basta confrontare la carta della densità di popolazione con una fotografia presa dallo spazio che mostra la diffusione dell’energia elettrica:
Come è possibile osservare l’unico luogo nel quale alla densità di popolazione non corrisponde una relativa diffusione della luce elettrica è l’Africa. Se quindi il teorema della correlazione inversa tra densità di popolazione e sviluppo fosse vero, dovremmo vedere ugualmente oscurata anche l’Europa, la parte orientale degli USA e l’estremo Oriente.
Tutte cose che già sapevamo da tempo, ma adesso c’è una novità, un’interessante studio intitolato “Human population reduction is not a quick fix for environmental problems” pubblicato recentemente su PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences), afferma che anche ammettendo che la riduzione delle nascite possa risolvere i problemi del sottosviluppo e dello sfruttamento delle risorse, si tratterebbe di un traguardo comunque irraggiungibile in questo secolo, qualunque strategia si volesse adottare.
La situazione è espressa in due grafici:
In questo grafico sono rappresentati i risultati di diverse politiche di riduzione delle nascite in rapporto alla diversa possibile durata della vita, la linea continua denominata BAU (business-as-usual) indica cosa accadrebbe se le cose continuassero come adesso. Solo lo scenario numero 4 (linea grigia tratteggiata in basso) che prevede dal 2045 il conseguimento pieno dell’obiettivo di un solo figlio per coppia nel mondo e nessun progresso nella riduzione della mortalità, garantirebbe risultati significativi portando la popolazione a circa 4 MLD di persone nel 2100. Ma l’obiettivo di un solo figlio per coppia non è realistico, basti pensare al fallimento della politica del figlio unico in Cina. Quindi nessuna delle possibili azioni di riduzione demografica potrebbe portare ad una popolazione inferiore e 7 MLD di abitanti per il 2100, e conseguentemente al raggiungimento degli obiettivi sperati.
Ma lo studio non si ferma qui, procede analizzando quali potrebbero essere gli scenari in grado di conseguire un’adeguata riduzione della popolazione mondiale entro il 2100, e propone un secondo grafico:
In questo grafico vengono ipotizzati alcuni possibili eventi e le loro conseguenze sulla deviazione dalla linea BAU.
1- La linea n°6 indica una elevata mortalità infantile conseguente ai cambiamenti climatici, ma come si vede, nonostante la drammaticità dell’evento, la variazione sarebbe di assai modesta entità.
2- La linea n°7 è invece relativa al verificarsi dal 2056 per un periodo di 5 anni di un evento con un numero di morti paragonabile alla somma di quelli della I Guerra Mondiale, della II Guerra Mondiale e dell’epidemia di influenza spagnola. Come risulta dalla linea tratteggiata nera neanche una simile catastrofe cambierebbe di molto le cose.
3- La linea n°8 rappresenta invece un evento come una pandemia o una guerra, della durata di 5 anni, in grado di uccidere l’impressionante cifra di 2 MLD di persone. Per quanto possa sembrare incredibile un simile evento, neanche questo sarebbe sufficiente a ridurre la popolazione mondiale in modo significativo ai fini delle politiche basate sulla riduzione demografica.
4- La linea n° 9 rappresenta un evento come una pandemia o una guerra, iniziato nel 2041, e sempre della durata di 5 anni, nel quale i morti sarebbero 6 MLD. Solo questo scenario apocalittico sarebbe in grado di centrare l’obiettivo di portare la popolazione mondiale al livello di 4 o 5 miliardi di persone nel 2100.
In conclusione si può affermare che lo studio pubblicato su PNAS ha il notevole merito di mostrare che le attuali politiche di controllo demografico, anche se dovessero essere valide come mezzo per la riduzione della povertà e della conservazione delle risorse (fatto che invece resta ampiamente discutibile), sarebbero comunque del tutto inadatte al conseguimento del fine prestabilito e che quindi è inutile impiegare risorse nella loro attuazione.
Ma lo studio in questione ha un altro grande merito, quello di indicare come unica soluzione praticabile lo sviluppo di tecnologie e l’attuazione di scelte politiche in grado di rendere sostenibile lo sviluppo economico della popolazione umana del XXI secolo e seguenti. La stabilizzazione demografica avrà tempi lunghi e, come l’esperienza ha finora insegnato, seguirà spontaneamente il miglioramento delle condizioni di vita.
Adesso è dunque importante porre fine alle inutili politiche antinataliste e indirizzare le risorse verso il vero sviluppo.
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