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venerdì 8 giugno 2012

IL PROFETA DELL' AFRICA UNITA

  Nel 1969 un giovanissimo colonnello abbatte la corrotta monarchia libica, dà
  vita a un nuovo sistema politico-sociale e comincia a puntare verso un grande
  e ambizioso obiettivo
  
  MUAMMAR GHEDDAFI
  IL PROFETA DELL'AFRICA UNITA

  di CARLO BATÀ
  Primavera 1942: le forze corazzate dell'Afrikakorps tedesca e le unità mobili
  italiane stavano sferrando una massiccia offensiva contro l'VIII armata
  britannica. Era il capolavoro tattico di Erwin Rommel, che a giugno al suo
  arrivo ad el-Alamein, a breve distanza dal Nilo, venne poi promosso
  feldmaresciallo.


  Con scarsi mezzi e uomini in numero inferiore al nemico riuscì a tamponare le
  falle dell'esercito italiano in piena ritirata nell'arido deserto della
  Cirenaica, dove le potenze europee stavano contendendosi il possedimento
  coloniale riservato all'Italia, lo "scatolone di sabbia", come era stato
  definito da Francesco Saverio Nitti in un discorso al Parlamento nel 1911.
  La posizione strategica della Libia e dei suoi mille e ottocento chilometri di
  costa, a breve distanza dall'Europa meridionale, la rendeva l'oggetto del
  desiderio dei due fronti contrapposti. Spettatori di una guerra a loro
  estranea, i berberi di Libia, che nel corso dei secoli avevano visto la loro
  terra invasa da fenici, greci, romani, vandali, bizantini, arabi, normanni,
  spagnoli, Cavalieri dell'Ordine di Malta e turchi, prima dell'avventura
  italiana.
  Il nome LIBIA era stato riesumato dal governo fascista nel 1934, quando venne
  presa la decisione di unificare le tre province di Tripolitania, Cirenaica e
  Fezzan, realizzando un unico corpo statale di quasi due milioni di chilometri
  quadrati. Libia, infatti, era il termine con cui i Greci chiamavano tutte le
  terre conosciute ad occidente dell'Egitto, al di là della civiltà sorta sulle
  fertili rive del Nilo.
  Mentre decine di migliaia di soldati si rincorrevano nel deserto, arretrando
  ed avanzando come pedine, in una tenda di pelli di capra a venti chilometri a
  sud di Sirte, nasceva Muammar Gheddafi, figlio di due poveri beduini nomadi
  analfabeti. Il giorno esatto della nascita non è stato mai accertato, in
  quanto non esisteva l'obbligo di registrare la nascita dei neonati. Fin dalla
  più tenera età all'unico figlio maschio della famiglia era assegnato il
  compito di far pascolare le capre e i cammelli, di raccogliere l'orzo ed il
  grano ed era concesso l'onore di imparare a leggere il Corano, il libro sacro
  dell'Islam, nelle lezioni tenute all'ombra di un ulivo da un fghih, un maestro
  che passava da un accampamento di beduini all'altro, vivendo delle offerte
  ricevute.
  All'età di sei anni, mentre stava giocando nei campi con alcuni coetanei, una
  mina lasciata dagli italiani, come ricorderà spesso negli anni seguenti
  Gheddafi, esplose all'improvviso, causando la morte di due suoi cugini e
  lasciando indelebile sul suo avambraccio destro una lunga cicatrice.
  Tra il 1956 ed il 1961 (mentre il continente africano stava lottando duramente
  per l'indipendenza tanto agognata), Gheddafi frequentò le scuole islamiche a
  Sirte e a Sebha, il capoluogo del Fezzan, la regione più desertica e meno
  popolata del paese. La famiglia non poteva permettersi spese e così Gheddafi
  dormiva nella moschea, tornando a dare una mano ai propri genitori, come
  raccontato dalla madre con orgoglio, il giovedì e il venerdì, i due giorni
  sacri, percorrendo a piedi i trenta chilometri di deserto che separavano la
  costa dalla tenda errante in cui era nato. Nonostante alcuni rimproveri e
  sospensioni (una mattina in classe invitò l'insegnante madrelingua inglese ad
  andarsene dal paese), terminò la carriera scolastica e si iscrisse
  all'Accademia militare di Bengasi, concludendo il corso brillantemente nel
  1968, dopo un breve periodo di specializzazione a Beaconsfield, in Gran
  Bretagna.
  La personalità che, negli anni dell'adolescenza, più influì sulla maturazione
  del pensiero di Gheddafi fu senza dubbio l'egiziano Gamal Abdel Nasser, l'uomo
  che aveva guidato il colpo di Stato che nel 1952 rovesciò re Faruk. Quattro
  anni prima aveva combattuto nella guerra di Palestina e nel 1956 reagì in modo
  lusinghiero all'attacco militare sferrato contro l'Egitto dall'esercito di
  Israele, appoggiato da quello britannico e francese, pur non potendo evitare
  una cocente sconfitta.
  Nasser cercò di modificare le istituzioni e le strutture sociali dell'Egitto e
  promosse una politica estera tesa all'uscita dagli ultimi retaggi coloniali e
  alla cooperazione attiva tra i paesi arabi, dalle coste dell'Oceano Atlantico
  del Marocco sino al Golfo Arabico. Nel 1956, per reperire i fondi necessari
  alla costruzione della diga di Assuan sul Nilo, procedette alla
  nazionalizzazione della Compagnia Internazionale del Canale di Suez, passaggio
  obbligato delle rotte commerciali tra Europa ed Asia, che provocò la dura
  reazione di Francia e Gran Bretagna.
  ( vedi qui la storia di questi fatti )
  Dal 1958 al 1961 Nasser fu Presidente della Repubblica Araba Unita, nata
  dall'unione di Egitto e Siria. La stella di Nasser si spense solitaria in
  seguito alla delusione per la disfatta egiziana nel conflitto con Israele nel
  1967 (vedi qui la guerra dei "Sei giorni" ) che offuscò il suo carisma, fino
  allora indiscusso. Proprio il riformismo sociale, il panarabismo e l'attiva
  opposizione ai paesi coloniali saranno le linee guida della politica di
  Gheddafi dopo la presa del potere nel 1969.
  Infatti, il 1 settembre 1969, mentre il sovrano Idris I si trovava a Bursa, in
  Turchia, in un complesso termale con la moglie Fatima ed un seguito di
  trentacinque persone, in Libia venne effettuato un colpo di Stato militare,
  incruento non soltanto a Bengasi, centro della sollevazione, ma anche negli
  altri punti nodali del paese: la capitale Tripoli, Tobruk, il piccolo porto
  fatale a Rommel nella Seconda Guerra Mondiale, Derna, Beida e Sebha, dove tra
  i banchi di scuola era nata la rivoluzione.
  Alcuni giovani ufficiali di tendenze progressiste sancirono la fine della
  monarchia: il potere venne assunto dal Comando della Rivoluzione, guidato da
  un Consiglio composto di dodici uomini, con a capo il Colonnello MUAMMAR
  GHEDDAFI. A poco più di ventisette anni, era il più giovane Capo di Stato del
  mondo.
  La Costituzione provvisoria definiva la Libia "una Repubblica araba libera e
  democratica". Il nuovo governo venne subito riconosciuto da Egitto, Sudan,
  Iraq e Siria, ma non tardarono le note ufficiali anche di Unione Sovietica,
  Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia ed Italia: il Paese doveva abbandonare il
  regime corrotto e cercare di modernizzarsi, lasciandosi alle spalle le lotte
  tribali, che ancora si scatenavano nelle zone meno controllate dal potere
  centrale.
  La Libia aveva riacquistato l'indipendenza il 24 dicembre 1951, quando una
  deliberazione delle neonate Nazioni Unite, diede vita al regno di Idris I
  al-Sanusi, che in gioventù aveva combattuto contro l'Italia coloniale. La
  monarchia assunse posizioni vicine alla Gran Bretagna, con cui stipulò
  un'alleanza ventennale, e agli Stati Uniti, con cui nel 1954 venne stabilito
  il mantenimento della base militare di Wheelus Field.
  Esattamente quattrocento anni prima era iniziata la dominazione turca, sotto i
  Giannizzeri, durata sino al 1911, quando l'Italia giolittiana subentrò al
  malato Impero Ottomano, prossimo alla dissoluzione. L'atteggiamento del nuovo
  corso nei confronti del precedente regime fu fin da subito ambivalente: da un
  lato un'aspra condanna della gestione dello Stato, della corruzione e degli
  sperperi; dall'altro il ricordo sentito per i combattenti caduti in nome
  dell'indipendenza a partire dai primi anni del secolo e il rispetto ossequioso
  per gli ideali religiosi tradizionali. La Libia aveva cessato di essere
  considerata uno "scatolone di sabbia" nel giugno 1959: a Zelten, in pieno
  deserto, era stato rinvenuto un enorme giacimento di petrolio, completando gli
  sforzi degli ingegneri italiani, che nel 1914 avevano toccato alcune gocce di
  petrolio a Sidi Mesri, presso Tripoli.
  Lo scoppio della Prima Guerra mondiale aveva però interrotto le ricerche.
  Grazie ai petrodollari (la Libia era il maggior produttore del continente
  africano ed i suoi commerci non dovevano dipendere dal canale di Suez, che
  l'Egitto riaprì solo nel 1975), il nuovo governo rivoluzionario procedette
  alle prime riforme: i salari minimi vennero raddoppiati e gli emolumenti dei
  ministri dimezzati, per dimostrare come la ristrutturazione radicale della
  società libica dovesse comprendere anche le alte sfere. Venne promossa la
  partecipazione dei lavoratori nelle imprese, vennero creati ospedali ed
  ambulatori rurali, per eliminare alcune epidemie facilmente curabili.
  Certamente il disegno di Gheddafi fu facilitato dall'esiguità della
  popolazione, che superava di poco i due milioni di abitanti. L'alcool fu
  bandito, i locali notturni ed i casinò vennero chiusi: scomparvero i caratteri
  latini dalle insegne e nelle scuole fu vietato l'insegnamento delle lingue
  straniere. Venne restaurata la Sharia, la legge islamica che nasce
  direttamente dal Corano. Le parole d'ordine furono censura di tutto quello che
  fosse estraneo alla morale islamica ed all'austerità. Lo stesso Gheddafi
  rifiutò qualsiasi concessione al lusso e continuò ad abitare in una caserma di
  Tripoli.
  In ottobre furono stracciati i trattati capestro che erano stati stipulati con
  le potenze occidentali: fu annullato un accordo con Londra per l'installazione
  di un sistema di difesa aereo e furono evacuate tutte le basi militari
  britanniche, alcune delle quali erano servite come punto di appoggio durante
  l'attacco congiunto di Gran Bretagna, Francia ed Israele contro l'Egitto il 29
  ottobre 1956.
  In dicembre il governo di Tripoli raggiunse un accordo con quello di
  Washington per l'abbandono della base di Wheelus Field, utilizzata da Israele
  contro l'Egitto durante la guerra dei sei giorni nel giugno 1967, quando
  l'esercito israeliano guidato dal generale Moshe Dayan avanzò in profondità
  nel Sinai e nel Golan. A soli sette chilometri dalla capitale, infatti, in
  un'enorme area di oltre cinquemila ettari erano ospitati ben dodicimila
  persone, tra soldati statunitensi e i loro familiari.
  Nell'estate dell'anno seguente, con l'esproprio dei beni degli italiani
  residenti in Libia e l'espulsione di ventimila cittadini italiani, furono
  eliminate le ultime vestigia del colonialismo italiano. Dalla confisca si
  salvarono le società dipendenti dall'ENI e dalla FIAT, con cui il governo
  libico avrà sempre un rapporto privilegiato (nel 1976 per quattrocento
  quindici milioni di dollari, la Libia acquisterà il 10% delle azioni della
  casa automobilistica di Torino).
  L'Italia divenne il primo partner commerciale della Libia: negli anni Settanta
  si diceva che un automobile su tre viaggiasse sulle strade italiane con
  petrolio libico. L'obiettivo primario era quindi quello di ripristinare la
  sovranità di uno Stato formalmente indipendente, ma che nella realtà dipendeva
  politicamente ed economicamente dall'esterno. Gli altissimi proventi dell'oro
  nero, la produzione libica superava infatti quella di Iraq e Kuwait, sarebbero
  stati destinati, si diceva, alla crescita del paese, con infrastrutture e vie
  di comunicazione: le banche furono trasformate in aziende miste, in cui lo
  Stato deteneva almeno il cinquanta per cento delle azioni; le compagnie
  petrolifere (tra cui la britannica BP Exploration Co. Lybia e la statunitense
  Bunker Hunt) vennero nazionalizzate dietro indennizzo.
  Fin dai primi discorsi emerse l'ascendenza e la matrice nasseriana del
  pensiero di Gheddafi: la promozione dell'unione di tutti gli Stati arabi del
  Maghreb (che in arabo significa ponente) e del Mashrek (levante) e l'accesa
  esaltazione del panarabismo e del nazionalismo arabo, come linea di condotta
  di tutti i paesi musulmani della regione. "L'umanità", si legge nel Libro
  Verde, un piccolo volume, compendio delle idee di Gheddafi, "continuerà ad
  essere arretrata finch� rimarrà incapace di esprimersi in un'unica lingua".
  In un incontro con alcuni studenti, ricordò i tempi in cui astronomi arabi
  scoprirono, tanti secoli fa, le stelle che portano ancora il loro nome; esaltò
  le scoperte scientifiche e matematiche degli scienziati arabi, che
  inventarono, ad esempio, l'algebra. Il tutto velato dall'immensa nostalgia di
  quando il Mar Mediterraneo era un mare arabo e la civiltà islamica, con il
  pensiero di Avicenna ed Averroè, era al suo culmine. Riecheggiava nelle sue
  parole l'intuizione di Braudel, che definì l'Islam un'unica strada che
  dall'Oceano Atlantico arriva sino al Pacifico, passando per la parte
  meridionale dell'antica massa continentale europea; un'unica strada resa
  percorribile ed uniforme dal Corano.
  Storicamente i paesi musulmani si estendono dalle aride coste senegalesi sino
  all'India, ma nuclei consistenti di diaspora si hanno in Cina e nelle ex
  repubbliche sovietiche dell'Asia. Essi disegnano sulla cartina geografica una
  sorta di falce allungata, che ricorda l'hilal, la luna nel suo primo quarto,
  divenuta nel tempo il simbolo dell'Islam. Furono avviate fervide trattative
  con l'Egitto di Anwar el-Sadat, con la Siria di Hafez al-Assad e con la
  Tunisia di Habib Bourghiba. Sadat e Gheddafi si impegnarono a dar vita ad uno
  Stato unitario a decorrere dal 1 settembre 1973, in modo da eliminare i 1.115
  chilometri di frontiera artificiale, tracciata nel deserto dai governi europei
  nel periodo coloniale.
  Quasi quotidianamente Gheddafi lanciava strali contro Israele, accusato di
  essere un corpo estraneo in un contesto di paesi arabi, e i paesi che lo
  sostenevano: venne approvato un cospicuo sostegno finanziario
  all'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) guidata da Yasser
  Arafat e furono vendute alcune batterie di missili Sam-9, che il governo del
  Libano dispose lungo la frontiera con Israele.
  Uno dei punti di svolta del governo rivoluzionario libico è avvenuto
  sicuramente con il discorso che Gheddafi tenne il 15 aprile 1973 a Zuàra,
  piccola cittadina costiera della Tripolitania orientale non distante dal
  confine con la Tunisia. Nel giorno del mawlud, ossia della nascita di
  Maometto, venne annunciata ad una piazza brulicante di persone una rivoluzione
  culturale in nome del Corano, i versetti dettati dall'arcangelo Gabriele e
  trasmessi da Maometto (Qur'an in arabo significa lettura ad alta voce) ai suoi
  discepoli dopo l'Egira. I seimila versetti divisi in 114 surat, ossia
  capitoli, avrebbero dovuto da lì in avanti orientare la vita quotidiana e
  rappresentare l'unica fonte di saggezza per tutti i musulmani. A differenza
  del Cristianesimo, infatti, che divide religione e politica, l'Islam le
  considera inscindibili: il Corano, libro di comportamenti, non di precetti
  religiosi, è anche Codice civile e penale.
  E non solo: Gheddafi più volte rivolse ai Paesi non islamici l'invito ad
  apprendere gli insegnamenti dei versetti sacri: "Il Corano", disse in
  un'intervista, "non è monopolio degli arabi; esortiamo l'intera umanità a
  studiarlo". A metà maggio Gheddafi espose quella che passerà alla storia come
  la "terza teoria internazionale", alternativa al comunismo totalitario e al
  capitalismo sfruttatore e neutrale tra le alleanze militari della Nato e del
  Patto di Varsavia. "La scienza", disse, "nonostante le sue meravigliose
  realizzazioni, non ha dato tutte le risposte al significato della vita. Il
  Corano dà queste risposte.[…] Che tutti i popoli venerino Dio, invece che
  creature mortali come Lenin e Stalin in Russia, oppure vacche e idoli come in
  India, oppure macchine e ricchezze, come in molte parti d'Oriente e
  d'Occidente".
  Mettendo in dubbio l'effettiva democraticità del sistema parlamentare e della
  democrazia rappresentativa, Gheddafi propose l'unica soluzione all'annoso
  problema del rapporto tra governanti e governanti: la democrazia diretta,
  ispirata alla democrazia ateniese del quarto e terzo secolo prima di Cristo. I
  Congressi Popolari sparsi capillarmente sul territorio, sarebbero stati
  preposti a prendere le decisioni davvero importanti per l'intera nazione.
  Inoltre si esortava un rapido processo che conducesse alla piena proprietà
  dell'abitazione, dei mezzi di trasporto e della terra che ogni libico deve
  possedere per godere di libertà effettiva. "Il punto di arrivo", si legge nel
  Libro Verde, "è costituito dall'avvento della nuova società socialista, quando
  spariranno lucro e denaro, mediante la trasformazione della società in una
  società di piena produzione e mediante il raggiungimento della soddisfazione
  delle necessità materiali dei membri di questa società".
  Per quanto riguarda il socialismo islamico, Gheddafi chiarì subito che sarebbe
  stata rifiutata la lotta di classe, si sarebbe tenuta nel massimo rispetto la
  proprietà privata, così come ingiunge il Corano, ma lo Stato avrebbe goduto di
  privilegi per poter contribuire attivamente allo sviluppo del paese.
  Il 1973 si concluse in modo contraddittorio: da un lato, dopo la scomparsa nel
  giro di pochi anni dei più autorevoli esponenti del terzo mondo, Jawaharlal
  Nehru, Ahmed Sukarno, Kwame Nkrumah e Nasser, al quarto vertice dei paesi non
  allineati di Algeri emerse la personalità di Gheddafi, apprezzato per la sua
  spregiudicatezza, per il tentativo di dare spazio alla fede musulmana e per la
  decisa volontà anticolonialista.
  Egli, come ricordato, era nato e cresciuto mentre gli eserciti di Germania e
  Gran Bretagna devastavano il territorio libico; alcuni suoi parenti erano
  stati uccisi nella lotta contro la colonizzazione italiana; infine, la
  maturazione del suo pensiero si ebbe durante i primi anni Sessanta, quando la
  maggior parte dei paesi dell'Africa raggiunse l'indipendenza, dopo tanti anni
  di dipendenza coloniale. Dall'altro, l'unione con l'Egitto non si concluse, in
  quanto all'ultimo momento Sadat respinse il progetto. Inoltre il 6 ottobre il
  Presidente egiziano ed il Presidente siriano Assad, nel giorno dedicato dagli
  ebrei all'espiazione (jom Kippur), ossia la più solenne celebrazione dell'anno
  liturgico ebraico, decisero, all'insaputa degli altri leader dei paesi arabi,
  di sferrare un deciso attacco contro Israele.
  (vedi qui "LA GUERRA DEL KIPPUR" )
  Gheddafi criticò l'azione isolata, che favorì l'ennesima vittoria militare
  dell'esercito israeliano (il quale, dopo un inizio difficoltoso giunse a
  minacciare Il Cairo), e affermò che la tecnologia bellica libica avrebbe
  potuto procurare al sistema difensivo di Israele gravi perdite. I rapporti tra
  Libia ed Egitto peggiorarono anno dopo anno. Nel 1977 si ebbero pesanti
  scontri alla frontiera e quando a Camp David, il 17 settembre 1978, fotografi
  di tutto il mondo immortalarono la stretta di mano tra Sadat ed il primo
  ministro israeliano Begin, si arrivò quasi alla rottura delle relazioni
  diplomatiche con l'Egitto.
  Gheddafi non perdonò mai l'affronto a suo parere fatto da Sadat all'intero
  mondo arabo. Intanto però l'oasi di Aouzou, lungo la frontiera meridionale
  libica, generava una disputa ventennale con il Ciad, che si risolse solamente
  nel 1994 con la restituzione dell'oasi al governo di N'Djamena. Gheddafi si
  convinse che il progetto di unità araba poteva realizzarsi soltanto facendo un
  passo alla volta: nel giro di pochi anni egli cercò, invano, di favorire
  l'unione con la Tunisia, con la Siria e con il Marocco di re Hassan. L'immensa
  ricchezza della Libia (il reddito pro capite libico era tra i primi dieci al
  mondo) poteva ben amalgamarsi con popolazioni ben più numerose e con territori
  ricchi di altre materie prime, diversi dall'arido deserto libico.
  Nel 1977, Gheddafi decise di saldare ulteriormente i legami tra politica e
  religione con l'istituzione della Jamahiriya (che in arabo significa Stato
  alle masse) Libica Araba Socialista. La Rivoluzione islamica, che si propose
  il ridimensionamento del potere degli ulema, i dottori di diritto e teologia,
  attorno ai quali ruotavano le forze dell'Islam radicale, prevedeva la
  nazionalizzazione dei beni religiosi, mentre si stabilì che solo il Corano
  costituiva l'unica fonte della fede musulmana: la Sunna (tradizione) e gli
  Hadith (detti del Profeta) non avrebbero più avuto alcun valore normativo. "La
  sola legge della Jamahiriya è il santo Corano", affermò senza remore Gheddafi.
  La data tradizionale dell'inizio dell'era islamica venne considerata non più
  l'Egira dalla Mecca a Medina nel 622, bensì la morte di Maometto nel 632. Uno
  dei cinque pilastri della fede, il pellegrinaggio alla Mecca ed al santuario
  dove è custodita la pietra nera deposta da Abramo, venne reso non
  obbligatorio: rimasero la professione di fede, le cinque preghiere
  giornaliere, l'elemosina ed il digiuno durante il mese del Ramadan, ossia il
  nono mese lunare.
  La reazione degli ulema non si fece attendere: agitazioni nelle moschee e
  aperta contestazione al regime, che reagì duramente. Lo sceicco al-Bishti, che
  disponeva di un saldo seguito in Tripolitania, perse la vita in prigione dopo
  essere stato ripetutamente torturato; molti luoghi di culto, considerati
  pericolosi, vennero chiusi o distrutti; le organizzazioni islamiche non fedeli
  alla linea governativa furono perseguitate, come ricorda il Rapporto di
  Amnesty International del 1998, che riferisce di numerosi imputati condannati
  all'ergastolo e detenuti in luoghi segreti. Due furono in questi anni i
  tentativi eclatanti di uccidere Gheddafi, che rinunciò formalmente a tutte le
  cariche pubbliche ufficiali, conservando, oltre ad un immenso potere, il solo
  appellativo di guida della rivoluzione.
  Nell'ottobre 1979 durante una parata militare, un pilota dell'aviazione libica
  si diresse con il proprio velivolo sulle tribune su cui si trovava Gheddafi:
  fu abbattuto all'ultimo istante. La primavera seguente una guardia del corpo
  lo ferì alla spalla con un colpo di pistola.
  Gli anni Ottanta si aprono in Italia con un mistero: il 18 luglio 1980 un
  Mig-23 libico venne ritrovato nei pressi di Castel Silano, in provincia di
  Catanzaro. L'autopsia praticata dal dottor Rondanelli e dal dottor Zulo sul
  corpo del pilota, dichiarò che la morte risaliva a circa venti giorni prima.
  Il 27 giugno un DC-9 dell'Itavia diretto da Bologna a Palermo era esploso in
  volo nel cielo di Ustica, provocando la morte di ottantuno persone. Sul perch�
  due velivoli fossero precipitati a così breve distanza, non venne data
  spiegazione e le indagini furono fin da subito oggetto di depistaggi e di
  silenzi omertosi.
  Questa è la versione di Gheddafi: il suo aereo personale stava sorvolando i
  cieli di Ustica "diretto in Italia per riparazioni". I servizi segreti
  statunitensi, che avevano progettato di ucciderlo, pensavano che egli fosse a
  bordo e cercarono di abbatterlo. Invece di colpire il giusto bersaglio, "hanno
  abbattuto l'aereo italiano e un altro aereo libico". Due missili raggiunsero
  il Mig-23, che fu poi ritrovato sulla Sila, e la carlinga dell'aereo civile
  italiano, facendolo inabissare con i suoi segreti nel Mar Tirreno.
  I due decenni seguenti registrarono moltissimi episodi di forte attrito tra la
  Libia e la comunità internazionale, soprattutto il governo di Washington. Nel
  1981 Jimmy Carter lasciava la carica di Presidente degli Stati Uniti al
  repubblicano Ronald Reagan. La politica estera della nuova Amministrazione fu
  fin da subito più aggressiva, cercando di colmare in qualche modo il vuoto e
  lo shock lasciato all'interno del paese dalla sconfitta in Vietnam. Negli
  ultimi mesi, inoltre, la vicenda dell'ambasciata statunitense a Teheran, dove
  studenti islamici avevano duramente contestato la presenza occidentale in
  Iran, occupando l'ambasciata americana e prendendo in ostaggio cinquantatr�
  membri del suo personale, aveva screditato ancor più l'immagine del più
  potente paese mondiale, che aveva dovuto sopportare l'onta del fallimento del
  goffo tentativo di liberare i cittadini statunitensi.
  I rapporti tra Reagan e Gheddafi, nonostante la Libia continuasse ad esportare
  oltre il quaranta per cento del proprio petrolio verso gli Stati Uniti, furono
  fin da subito tempestosi: il 19 agosto 1981, pochi giorni dopo che a Roma il
  governo Spadolini aveva reso esecutiva la decisione del Parlamento di
  approvare l'installazione di centododici missili Cruise nella base militare
  della Nato a Comiso, in Sicilia, nel cielo della Sirte due F-14 Tomcat,
  decollati dalla portaerei statunitense Nimitz, abbatterono due caccia libici
  Sukhoi-22 di fabbricazione sovietica. La maggior parte degli armamenti e della
  tecnologia militare libica era infatti comprata (in contanti come fu spesso
  ripetuto) dagli arsenali militari sovietici, soprattutto dopo il viaggio di
  Gheddafi a Mosca nel 1976, quando era stato trionfalmente accolto da Breznev,
  Kossighin e Podgorni.
  Gheddafi reagì accusando Reagan di essere uno sceriffo assetato di
  distruzione; la stampa statunitense individuò il nemico da combattere, "l'uomo
  più pericoloso al mondo", titolò Newsweek.
  I rapporti con l'Italia, già tesi per la vicenda dei ventitr� pescatori
  italiani di Mazara del Vallo (detenuti in carcere a Tripoli con l'accusa di
  essere sconfinati in acque territoriali libiche) ed irrigiditi dal tentativo
  di destabilizzare la Tunisia e dalla caccia agli oppositori al regime libico,
  con delitti commessi anche sul suolo italiano, peggiorarono anche per la
  pressioni fatte da Washington, che cercò di isolare economicamente e
  politicamente la Libia. Gheddafi cercava di usare l'equipaggio del
  peschereccio italiano come pedina di scambio per ottenere dai servizi segreti
  italiani i recapiti dei dissidenti libici rifugiati in Italia e poter
  procedere a fare giustizia, sommaria a parere delle autorità italiane,
  legittima, a parere di quelle libiche.
  Seguirono cinque anni di relativa calma, finch� il 15 aprile 1986, dopo
  ripetute esercitazioni della Sesta Flotta nel Golfo della Sirte oltre il
  trentaduesimo parallelo (considerato dal governo di Tripoli il limite delle
  proprie acque territoriali), cacciabombardieri dell'aviazione degli Stati
  Uniti attaccarono due postazioni militari libiche, Tripoli, Bengasi e la
  residenza privata di Gheddafi a Bab al'Aziziyyah, causando la morte di decine
  di civili, tra cui la figlia adottiva della guida della rivoluzione. Pochi
  giorni prima una bomba esplosa in locale tedesco frequentato da militari
  statunitensi, aveva provocato morti e feriti. E i servizi segreti libici
  furono subito i principali indiziati. Il conflitto armato sanciva così
  l'epilogo delle accuse rivolte al governo di Tripoli di fomentare e finanziare
  il terrorismo internazionale.
  La rappresaglia libica non si fece attendere: "Missili su Lampedusa" titolò Il
  Messaggero il giorno seguente: due Scud-B, diretti alla base di ascolto
  statunitense Loran-C, caddero a poca distanza dalle coste italiane. I
  difficili rapporti tra i due Paesi furono ricomposti con paziente diplomazia,
  essendo vitali per le due economie i numerosi accordi commerciali già
  stipulati.
  Il 21 dicembre 1988 nel cielo sopra la cittadina scozzese di Lockerbie un
  Boeing 747 della Pan Am esplodeva in volo, causando la morte di duecento
  settanta persone. Il 19 settembre dell'anno seguente stessa sorte toccava nei
  cieli del Ciad ad un DC-10 dell'UTA. Principali indiziati furono subito i
  servizi segreti libici, impegnati nella loro guerra sotterranea con gli Stati
  Uniti e decisi a mandare un forte e sanguinario monito alla Francia, impegnata
  ad appoggiare la sua ex colonia nella disputa di frontiera con la Libia. Il 21
  gennaio 1992 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approvò la
  Risoluzione 731, che ingiungeva alla Libia di consegnare due cittadini libici,
  sospettati delle due stragi, alle autorità britanniche o statunitensi. Il
  netto e categorico rifiuto libico portò al blocco delle comunicazioni aeree e
  all'embargo sulle forniture di aerei ed armi, sanciti dalla successiva
  Risoluzione 748.
  Seguirono sette anni di forte isolamento internazionale, durante i quali gli
  Stati Uniti accusarono la Libia di produrre iprite e gas nervino nell'impianto
  industriale e farmaceutico di Rabta. Soltanto nella primavera del 1999, dopo
  la consegna alla giustizia scozzese dei due indiziati della strage di
  Lockerbie grazie alla fondamentale mediazione di Nelson Mandela, la Libia
  venne riammessa a far parte della comunità internazionale.
  Nelle numerose interviste concesse ai giornalisti di tutto il mondo negli
  ultimi trent'anni, le risposte date dal Colonnello non sono state sempre
  convincenti, ma a volte in tono provocatorio, altre volte tracciando scenari
  decisamente improbabili, Gheddafi ha cercato di illustrare il proprio progetto
  politico e la propria visione del mondo. E, vestito sempre con una camicia ad
  onde verdi e marroni ed una casacca nera sulle spalle, a piedi nudi come i
  beduini da cui discende, sempre e soltanto dalla sua dimora, una tenda
  diventata una casa viaggiante, dove l'odore dell'incenso si mescola con quello
  del sandalo. Scortata da alcuni Caravan, più di cento Toyota e due pulmini,
  che portano i generatori per l'illuminazione, essa viene piantata dovunque,
  nel deserto o nei giardini dei palazzi che ospitano gli incontri
  internazionali con gli altri leader arabi.
  Proprio il dialogo con gli altri paesi della regione è stato sempre
  caratterizzato da avvicinamenti ed incomprensioni: il vecchio progetto del
  ghaneano Nkrumah, uno dei padri fondatori dell'Africa, di unire in un saldo
  legame i paesi del continente è ammirato, ma scatena in molti animi
  instabilità ed incertezza. Gheddafi fu uno dei primi a sostenere la causa di
  Nelson Mandela in Sud Africa e quella di Yasser Arafat in Palestina: "Il
  deserto del Sahara", ricordò ad Abuja nel 1991, in occasione della nascita
  della Comunità Economica Africana, "da sempre barriera di immensità per
  linguaggi e culture diverse, oggi è diventato un ponte naturale tra il Nord
  Africa ed i paesi al di là […]. La malattia dell'Africa è soprattutto la
  solitudine e l'isolamento".
  In un'altra occasione propose la nascita di una moneta unica africana in
  parità con yen ed euro. Finalmente nell'estate del 1999 ben trentasei leader
  africani hanno firmato la prima parte di un trattato con cui si intese
  sostituire l'ormai obsoleta Organizzazione dell'Unità Africana, in vigore
  senza troppi successi dal 1962, con un organismo più dinamico ed in grado di
  affrontare in modo autonomo i gravi problemi che ancor oggi minano lo sviluppo
  nel continente.
  Per quanto concerne la politica interna, replicando alle numerose accuse di
  soffocare con la forza il dissenso interno, Gheddafi ha risposto candidamente
  che "l'Africa non necessita di democrazia, ma di pompe d'acqua. La popolazione
  ha bisogno di cibo e medicine".
  Questa è la replica alle numerose critiche del più controverso leader
  africano, impegnato a far sopravvivere l'eccezione libica anche nel terzo
  millennio. Sembrano essere state perdonate le numerose provocazioni e
  Gheddafi, abbandonando in parte progetti aleatori, che spesso sono stati
  condannati al fallimento, ha dimostrato sempre una notevole capacità di tenere
  sempre la rotta in acque troppo spesso tempestose ed avvelenate da polemiche e
  misteri.
  CARLO BATÀ
  Bibliografia
  * Gheddafi messaggero del deserto, di Mirella Bianco - Mursia, Milano, 1977.
  * Muammar Gheddafi e la rivoluzione libica, di John K. Cooley - Editoriale
  Corno, Milano, 1983. Gheddafi. * Una sfida dal deserto, di Angelo Del Boca.
  Laterza, Roma-Bari, 1998. Muammar Gheddafi, di Benjamin Kyle. Targa Italiana
  s.r.l., Milano, 1990. Gheddafi, di Mino Vignolo. Rizzoli Editore, Milano,
  1982.

Articolo originale preso da:http://cronologia.leonardo.it/storia/biografie/gheddafi.htm

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